Leila Kataoka, una giapponese sulle Orobie: "Il mio rifugio tra ruscelli e cerbiatti"

La 29enne ha ristrutturato "Il Pirata" nel territorio comunale di Tartano: "Qui isolata 365 giorni all’anno, sono diventata una montanara". Una laurea in scienze ambientali a Milano e l’amore per la natura selvaggia

Leila Kataoka

Leila Kataoka

Tartano (Sondrio) - Non ha intenzione di tornare in Giappone, la patria del papà, anzi conta di restare per sempre a vivere quassù, a 1.500 metri fra le montagne delle Orobie, in Valtellina, dove negli anni ha sistemato una baita in Val Lunga, in parte divorata con altre da un furioso incendio divampato nel maggengo Arale, nel territorio comunale di Tartano, il borgo conosciuto per il “Ponte nel Cielo“, la passerella tibetana meta di frotte di turisti non solo dalla Lombardia, e l’ha trasformata in un rifugio alpino, chiamandolo “Il Pirata“, il soprannome del suo amico milanese che l’ha aiutata a rimetterlo in piedi.

"Io da qui non mi muovo – afferma con piglio sicuro Leila Kataoka, 29 anni festeggiati un paio di settimane fa –. Mi trovo a mio agio con il vivere slow degli abitanti di montagna di queste parti che mi hanno accolto bene, come fossi da sempre una di loro. Mi hanno insegnato a cucinare i loro piatti, pizzoccheri, tarozz, taragna, stracotto d’asino".

Dalla metropoli ai monti

Prima di approdare in questo lembo lontano, in mezzo a profumate foreste di abeti e pini, a ruscelli che scorrono con acque gelide, ai cerbiatti che ti bussano sull’uscio di casa e al richiamo delle marmotte, che fanno capolino nei prati quando il letargo è finito, ha provato a confrontarsi per un po’ con la vita metropolitana. "Ho vissuto per diversi anni a Milano – racconta Leila, padre giapponese e mamma italiana – dove ho effettuato la parte principale del mio percorso di studi. Ho frequentato l’università e mi sono laureata in Scienze ambientali. Ma quando gli studi me lo consentivano fuggivo dalla città per raggiungere i monti, la libertà. Sono venuta così a scoprire questi angoli incantevoli, ancora selvaggi, di natura incontaminata. Ho conosciuto il milanese Vittorio Consolati, che condivide con me questa passione per luoghi lontani dal rumore, dal traffico, dalle cose superflue. Insieme abbiamo deciso, alcuni anni fa, di recuperare questa costruzione, in parte danneggiata dal fuoco, e di trasformarla in un rifugio alpino, in pietra e legno, oggi con due camerate con 23 posti letto. Dissi a Vittorio, conosciuto come 'Il Pirata', quando ti ritiri per la pensione, subentro io nella conduzione dell’attività. Ed eccomi qui, a tempo pieno. Anche se lui spesso c’è a farmi compagnia, non riesce a stare lontano dal rifugio che porta il suo nome".

Aperta 365 giorni all'anno

Non mancano i villeggianti, nei mesi estivi. E d’inverno gli appassionati delle escursioni con le pelli da foca ai piedi. "Io vivo qui tutto l’anno, mesi freddi compresi – racconta Leila, mentre in cucina prepara la polenta taragna –. D’estate accompagno, con alcuni asinelli, i bambini in gite tranquille nei dintorni. Arrivano dalle città e si divertono un mondo, scoprendo la natura. Nei mesi più rigidi, quando nevica, come in questi giorni, i passaggi di turisti sono più rari. Ma io resto sempre qui. Aperta tutti giorni. Pronta ad accoglierli. Dopo la laurea ho frequentato un corso regionale per diventare accompagnatrice di media montagna. E ho l’attestato che mi consente di esercitare questa professione e di guadagnarmi qualche soldo, qui in mezzo alle montagne. E dal famoso “Ponte nel Cielo“ il presidente del Consorzio Pustaresc, Renato Bertolini, l’ideatore del collegamento sospeso sul torrente, mi manda diversi escursionisti. E molti, dopo un’esperienza full immersion nel verde dei boschi, mi assicurano che torneranno in questo paradiso".