Un tempo, il maggengo del Lago di Chiesa era collegato all’Alpe Airale e al rifugio Bosio da un sentiero immerso del bosco, sostituito da qualche anno da una strada agro-silvo-pastorale in terra battuta. Recentemente, alcuni ignoti hanno imbrattato i cartelli che segnalano l’inizio del percorso. L’argomento è molto dibattuto: meglio mantenere i vecchi sentieri o realizzare strade che consentono agli alpeggi di lavorare in maniera più efficiente? Non solo: la strada consente ai soccorritori di intervenire prontamente in caso di infortunio e incendio e permette, a chi manutiene i boschi, di poter svolgere la propria opera di cura del territorio. Non tutti però sono d’accordo.
"Spesso l’escursionista percorre un sentiero di montagna una volta all’anno e pretende di trovarlo intatto – afferma il professor Giancarlo Corbellini – Non pensa alla fatica quotidiana degli alpigiani. Risultato: quell’alpeggio presto sarà abbandonato e i ruderi delle baite avvolte dalle ortiche". Corbellini è amante della montagna ed esperto conoscitore della Valmalenco nonché autore di libri di geografia per le scuole tra cui "Campo base" e "Io viaggio" (Pearson). "Gli alpigiani sono i veri custodi della montagna – prosegue – Arrivo all’Alpe Airale e trovo la gran parte delle baite restaurate con tanto di parabole satellitari. È la montagna che continua a vivere, a dare risorse economiche ai suoi abitanti, a permetterci di gustare formaggi legati ad una tradizione artigianale d’eccezione. E questo anche grazie ad una strada. Certo il turista della domenica e l’ambientalista da cartolina avrebbero preferito arrivarvi su sentiero e trovare baite in rovina e ortiche e al ritorno non rimarrà loro che imbrattare il cartello con frasi come: "maledetti", "soldi sprecati", "devastazione" e così via. E poi ritornati in città andare a mangiare da "McDonald"".
Valentina Parmigiani