Il Parkinson fa ancora paura, ma si può guarire: l'impegno della Fondazione Pezzoli

Il professor Pezzoli descrive l'impegno della Fondazione in oltre 30 anni di attività.

Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson

Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson

Il Parkinson è una patologia che, oggi, può fare ancora paura. Dubbi e curiosità su quello che possiamo arrivare a capire, anche sul piano della prevenzione, possono essere analizzati attraverso l’impegno di realtà importanti che scelgono di approfondire, sviluppare e migliorare determinati parametri.

Il Parkinson fa ancora paura, ma il timore può diventare opportunità se accompagnato da meccanismi perfetti che s’incastrano nel vissuto di pazienti e professionisti. Questo cerca di fare da tempo Fondazione Pezzoli: la prima realtà concreta che studia la patologia in maniera sistematica.

Il Professor Pezzoli ha spiegato com’è affrontare il sentiero tortuoso dell’approfondimento e sviluppo legato a una malattia in continua espansione che, però, può essere arginata con l’impegno di tutti. Anche e soprattutto di chi supporta realtà come quella della Fondazione grazie al 5x1000.

Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson
Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson

Lo sviluppo di nuove specifiche per quanto riguarda cura e guarigione da questa patologia è in costante divenire: a che punto siamo e quanto ancora c’è da fare?

“La malattia di Parkinson è ormai abbastanza diffusa, specialmente nei Paesi occidentali con un’aspettativa di vita lunga come l’Italia che – in tal senso – è la seconda, la terza, al mondo. In proporzione, rispetto agli ultimi 40 anni, in Italia si è passato da 230mila soggetti affetti da parkinsonismo a 410mila. Il numero è cresciuto esponenzialmente perché le decadi sono più numerose rispetto a una quarantina d’anni fa. Il Parkinson è importante dal punto di vista medico e sociale, visto che si tratta di una malattia cronica evolutiva che coinvolge l’intera famiglia e non soltanto i singoli pazienti”.

Quanto è importante in questo percorso il contributo dei familiari e in cosa si deve ancora sviluppare?

“La malattia ha conosciuto dei momenti di grande importanza: dall’inizio degli anni Settanta, quando è stata scoperta la Levodopa, poi dopo con gli inibitori della degradazione della Levodopa, quando si è arrivati a capire che il paziente poteva essere mantenuto oltre i 7-8 anni di vita. Ora si arriva a 18-20 anni di vita: non è molto più corta rispetto ad un soggetto senza malattie di Parkinson, ma parliamo di qualità di vita. Inevitabilmente, nell’ultima parte del percorso la qualità di vita si impoverisce, più o meno grandemente a seconda della patologia che è sempre un po’ diversa da paziente a paziente. Noi raccomandiamo, pertanto, oltre alla terapia farmacologica, anche un percorso di fisioterapia mirato. Lo abbiamo ribadito all’interno di libri e pamphlet. Come Fondazione Pezzoli lavoriamo da trent’anni per portare a conoscenza i pazienti di tutto ciò che il neurologo non può comunicare al paziente. La riabilitazione, abbinata a una dietoterapia, diventa fondamentale”.

Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson
Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson

Il regime alimentare varia da paziente a paziente o c’è una linea guida univoca?

“Esiste una linea guida univoca, però, poi il singolo paziente è più o meno sensibile. La Levodopa è assorbita su un tratto intestinale che è lungo 60 cm. Quindi, ci sono pazienti che sentono moltissimo la presenza di proteine. Allora si consiglia loro, per esempio, la pasta proteica che consente di migliorare moltissimo la risposta motoria”.

Rispetto a quanto si legge sui canali ufficiali della Fondazione, tra gli obiettivi c’è quello di riuscire a implementare e migliorare i test affinchè ci sia una diagnosi prima della sintomatologia motoria. Ci può spiegare meglio questo punto?

“Questo è il nostro obiettivo principale, su cui va l’80-90% dei nostri fondi di cui abbiamo sempre bisogno. Cerchiamo per tutti di identificare il paziente in una fase precedente all’esordio dei sintomi perché sembra che la malattia possa cominciare anche 5-10 anni prima rispetto ai classici sintomi motori che noi conosciamo. Il classico tremore, la lentezza di movimento, l’andatura impacciata, la postura curva. Sono tutti segnali classici che vengono menzionati, i quali si presentano a malattia in corso. In alcuni casi, però, è possibile identificare dei portatori in anticipo. La cosa è molto complessa, dato che la malattia esordisce sia per ragioni genetiche che per ragioni ambientali. Da sola la genetica è importante, ma non è così importante come in altre malattie. In questo caso anche i fattori ambientali fanno la differenza, esattamente come alcuni farmaci che possono produrre parkinsonismo. Alcuni esempi sono i medicinali anti-nausea e anti-vomito. Il Plasil, noi ribadiamo da decenni, non va assunto periodicamente. Solo in casi di estrema necessità”.

Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson
Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson

Il Parkinson può arrivare ad essere debellato come patologia?

“Naturalmente questa è la ragione per la quale noi lavoriamo. Abbiamo già importanti segnali in tal senso, molti dei quali li abbiamo già pubblicati. Quindi non sono novità, si tratta di cose risapute. Altre verranno pubblicate a breve. Ci sono delle condizioni che favoriscono la malattia e altre che sfavoriscono la malattia, ovviamente noi incoraggiamo le seconde in modo da spingerla in avanti. Possibilmente a un’età che il paziente non raggiungerà mai”.

Le condizioni affinchè il Parkinson ritardi il più possibile quali sono? Ci sono alcune accortezze che possono essere osservate nella quotidianità?

“Abbiamo dei riscontri che esistono altri tipi di farmaci che aiutano a spostare in avanti la malattia. Quindi ci si orienta molto sul diabete perché probabilmente ha una radice comune al Parkinson. Sono entrati in commercio, negli Stati Uniti, dei farmaci anti-parkinsoniani per il diabete. Sembra proprio che le due malattie interagiscano ed è logico che potremmo avere tutta una serie di farmaci in una fase antecedente all’esordio clinico. Vuol dire che il paziente non dovrà soffrire di sintomi di malattia. Il nostro obiettivo è andare a riconoscere chi svilupperà la malattia, ma non lo ha ancora fatto dal punto di vista motorio”.

Voi avete tra gli obiettivi, in quanto organizzazione, la possibilità di migliorare la presa in carico multidisciplinare dei pazienti. Cosa significa in concreto?

“Siamo probabilmente l’unico centro che prende in carico il paziente dal primo momento: siamo una realtà sostenuta dal territorio e lavorano anche psicologi e coordinatori per prendere in carico proprio la famiglia quando qualcuno risulta affetto da Parkinson. La cultura multi-disciplinare consente di seguire ciascuno nel dettaglio: una visita per cominciare e poi c’è una cadenza concordata fino al prossimo controllo. Sei mesi, un anno. Il paziente, se abita lontano, ha comunque un riferimento locale”.

C’è un accompagnamento graduale, dunque…

“Assolutamente, abbiamo anche un riferimento telefonico attivo. Tre-quattro ore con medici on call con medici di guardia al telefono. I quali sono di guardia al telefono con tutti i pazienti che chiamano. La Fondazione da trent’anni paga un SOS Parkinson aperto 12 ore che risponde a chiunque per risolvere situazioni salva-vita”.

Rimanendo in tema di riferimenti, avete anche un archivio elettronico di campioni e testimonianze arrivato a più di 40mila casi di riferimento ed è consultabile dal medico curante e le autorità…

“Sì, è una cartella unica al mondo che consente di vedere tutte le volte in cui il paziente è stato visitato e si consultano documenti e risonanze. Ogni sorta di immagine è presente. Se lei fosse un paziente, io potrei dal cellulare vedere la sua cartella e dirle cosa fare soltanto consultando l’archivio con il nome e cognome di riferimento. Si tratta di un’avanguardia che diventa esempio per il futuro”.

Il “metodo” della Fondazione Pezzoli può essere esportato?

“Negli Stati Uniti ci sono metodi abbastanza simili, però è tutto a pagamento. Mentre tutto quello che le ho menzionato lo facciamo in maniera convenzionata grazie al sostentamento e alle donazioni che siamo riusciti a ottenere. Per questo è importante donare il 5x1000 a realtà come la nostra, in maniera tale da avere ancor più risalto e incentivare determinate possibilità per chiunque abbia bisogno”.

Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson
Fondazione Pezzoli per la Malattia di Parkinson