
Maurizio Landini, 63 anni, è segretario generale della Cgil dal 2019
Roma, 25 maggio 2025 – Segretario, che cosa cambierebbe con il sì ai referendum dell’8 e 9 giugno?
“Con il sì ai cinque quesiti, oltre a tutti i giovani che verranno assunti in futuro, tre milioni e cinquecentomila dipendenti delle aziende al di sopra dei 15 dipendenti otterrebbero il diritto al reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo – avvisa netto il leader della Cgil, Maurizio Landini –. Tre milioni e settecentomila dipendenti delle piccole aziende otterrebbero un incremento del risarcimento economico sempre in caso del licenziamento illegittimo, quasi tre milioni di persone con contratti a termine potranno uscire dalla condizione di precarietà, migliaia di lavoratrici e lavoratori che operano nelle società in appalto potranno avere maggiori condizioni di sicurezza nei propri posti di lavoro, due milioni e cinquecentomila uomini e donne otterrebbero finalmente la cittadinanza”.
Con quale effetto complessivo?
“Si tratta di cambiamenti reali per milioni di lavoratrici e lavoratori che negli anni hanno subito una legislazione che ha negato diritti fondamentali sul lavoro e di cittadinanza. Ma l’altro grande cambiamento è che si rimetterebbe al centro il valore del lavoro, costringendo tutta la politica a fare finalmente i conti con chi, per vivere, ha bisogno di lavorare. Dobbiamo dare un futuro ai giovani, anche a quelli che scappano dal nostro Paese perché stanchi di lavorare in condizioni di precarietà e con salari bassi”.
Si sostiene, però, che per quelli sul Jobs Act, la Corte costituzionale di fatto ha già eliminato gli aspetti più negativi.
“Gli interventi della Corte sono stati importanti, ma non esaustivi. Sicuramente hanno evidenziato quanto fosse sbagliato quel provvedimento che in tanti oggi incensano come ragione della crescita occupazionale. Noi, però, vogliamo garantire il diritto al reintegro nel posto di lavoro per tutte e tutti, senza distinguere tra chi è stato assunto prima e chi è stato assunto dopo il 2015”.
C’è però chi, come Pietro Ichino e altri, ritiene che il sì ai referendum, per licenziamenti e indennità, potrebbe rivelarsi un danno per i lavoratori.
“Si sbagliano. Noi abbiamo tutti i giorni a che fare con licenziamenti di ogni tipo e gli ostacoli alla tutela reale del lavoratore licenziato sono enormi. Oggi non è previsto il reintegro in caso di: licenziamento individuale per motivi economico/organizzativi, nei licenziamenti collettivi, in molti licenziamenti disciplinari e persino in occasione dei licenziamenti durante i periodi di malattia. Non so davvero di quale danno parlano. Noi vogliamo tutelare i lavoratori, altri vogliono fare l’interesse delle imprese”.
Crede che la mobilitazione in atto potrà permettere il raggiungimento del quorum?
“Sì, siamo fiduciosi. Insieme al nostro sindacato, centinaia di soggetti associativi e anche diversi partiti si stanno impegnando per raggiungere il risultato che ci siamo posti. L’attenzione che stiamo riscontrando in giro per l’Italia è crescente. Siamo entrati in contatto con realtà con le quali non avevamo mai collaborato e che hanno fatto propri gli obiettivi della campagna referendaria. La cosa più bella è la presenza e la motivazione di tantissimi giovani che credono in questa sfida. È una sfida difficile anche a causa dell’oscuramento mediatico della televisione pubblica, ma siamo molto ottimisti”.
Come valuta gli appelli all’astensione anche di altri leader sindacali o di alcuni esponenti dello stesso Pd (in questo caso con il non ritiro delle schede sul lavoro)?
“Sono dispiaciuto di questo atteggiamento. Mi pare che non si comprenda fino in fondo quanto sia grave il crescente astensionismo nel Paese. Nel momento di maggiore crisi della nostra democrazia, la partecipazione al voto e l’impegno per incentivare l’affluenza dovrebbero costituire i necessari anticorpi alla stessa crisi. Si può essere d’accordo o meno sul merito dei quesiti, si possono condividere solo in parte, ma scommettere sul disimpegno significa respingere ogni forma di cambiamento. I referendum hanno una particolarità non indifferente: non voti un partito o un governo, ma voti per qualcosa, per cambiare qualcosa”.
Quale potrà essere lo sviluppo politico di un sì ai referendum?
“Lo dicevo prima: se la maggioranza degli Italiani voterà sì, nessuno potrà più fare a meno di occuparsi di temi centrali per la vita delle persone. Il lavoro stabile, non ricattabile, sicuro, il tema della cittadinanza devono diventare delle priorità per ogni forza politica. Noi il giorno dopo saremo sempre impegnati per rivendicare salari più elevati, il salario minimo e la legge sulla rappresentanza, l’estensione di diritti e tutele a tutto il mondo del lavoro”.