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PoliticaElezioni, ecco chi sono i candidati alle regionali in Lombardia

25 feb 2023

REDAZIONE POLITICA

Elezioni, ecco chi sono i candidati alle regionali in Lombardia

Da destra a sinistra passando per il Movimento 5 Stelle, ecco i candidati in lizza per la presidenza della Regione. Per ora sono in 6 a contendersi, sulla carta, Palazzo Lombardia. Possibile ci sia una scrematura dovuta alla difficoltà dei movimenti minori a raccogliere le 20mila firme necessarie per potersi presentare alle urne. L’appuntamento è per il 4 marzo 2018, giorno di election day: si voterà sia per le elezioni Regionali sia per le elezioni Politiche. Secondo i sondaggi, in Lombardia è favorito il centrodestra, imbattuto da 23 anni, e quindi il candidato Attilio Fontana, leghista. A proposito di Lega, in queste ore i partiti stanno chiudendo i giochi sulle candidature nelle liste e nel Carroccio è esploso il caso di Gianni Fava, assessore regionale vicino al governatore uscente Roberto Maroni e più lontano dal segretario federale, Matteo Salvini. Fava è stato escluso dalla rosa dei candidati per le Regionali e le Politiche che la Lega mantovana ha inviato alla segreteria federale. La decisione è stata presa dal direttivo provinciale del Carroccio. Il nome di Fava figurava nell’elenco delle 46 autocandidature. Ma dopo il voto in direttivo l’assessore è stato escluso dalla lista dei 26 prescelti. «Qualcuno ha paura della mia candidatura ma non mi fermo. La mia candidatura in Regione resta. Saranno gli organismi competenti a decidere». «Abbiamo fatto una scelta di rinnovamento» spiega il segretario provinciale, Antonio Carra.
(a cura di GIAMBATTISTA ANASTASIO)

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Nato a Brescia nel 1962, Giulio Arrighini è stato tra i fondatori nonché segretario provinciale della Lega Lombarda. La sua militanza nelle fila del Carroccio si interrompe nel 1999 in polemica con la linea politica della segreteria federale. Arrighini, nel 2002, aderisce quindi alla Lega Padana. Nel 2013 è firmatario di una mozione al Consiglio provinciale di Brescia con la quale chiede l’indizione di un referendum sull’indipendenza della Lombardia. Il 4 marzo 2018 correrà da candidato alla presidenza della Regione, raccolta firme permettendo, per il movimento Grande Nord, al quale è approdato a maggio del 2017 e che conta tra le sua fila anche Marco Reguzzoni, anch’egli ex leghista o leghista dissidente. Arrighini è stato scelto a fine ottobre attraverso le primarie di Grande Nord. Appena investito della candidatura ha fatto sapere di voler rinnegare «l’accordo di programma tra lo Stato e le Regioni sui flussi dell’mmigrazione firmato a marzo del 2011 e imposto ai governatori del settentrione dall’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni». Ovvia la centralità, nel suo programma, della battaglia autonomista: «Noi di Grande Nord non vogliamo ci siano ministri che ci impongano le politiche sul territorio». La parola d’ordine sulla quale punta il candidato alla presidenza della Regione è «concretezza». (foto Newpress)

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Cinquanta giorni per una missione. Potrebbe essere ribattezzata così la vicenda di Attilio Fontana. Nato a Varese nel 1952, avvocato e titolare di uno studio legale, Fontana ha saputo di dover correre per la presidenza della Regione il primo gennaio dell’anno in corso. L’ufficializzazione della candidatura è avvenuta solo 8 giorni più tardi, solo una volta ufficializzata la rinuncia del governatore uscente Roberto Maroni e ottenuto il via libera di Silvio Berlusconi. Al 4 marzo 2018 mancavano, a quel punto, poco più di 50 giorni. Leghista doc, chiamato alla causa dal segretario federale Matteo Salvini, Fontana è sostenuto da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia, Partito Pensionati, Rivoluzione Cristiana e Movimento Nazionale per la Sovranità. Nel suo curriculum vanta due mandati da sindaco di Varese, dal 2006 al 2016, ma anche la presidenza del Consiglio regionale e quella della sezione lombarda dell’Associazione Nazionale dei Comuni. Da numero uno di Anci fece infuriare il collega di partito Roberto Calderoli: successe nel 2008 quando Fontana guidò una manifestazione di sindaci contro i tagli ai Comuni decisi dal Governo. Di centrodestra. Da candidato governatore ha finora spinto sulla continuità con Maroni, a partire dalla battaglia autonomista. (foto Newpress)

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Sottolinea di non aver mai avuto «la tessera del Partito democratico» e di essersi fermato a quella dei Ds. Una volta finita la storia dei Democratici di Sinistra, Massimo Gatti ha sempre militato nell’estrema sinistra, quella dei partiti d’ispirazione comunista, in parte riunitisi, ora, nella lista «Sinistra per la Lombardia», quella per la quale, il 4 marzo, Gatti correrà da candidato alla presidenza della Regione, raccolta firme permettendo. Non solo lotta e opposizione, Gatti è stato anche amministratore: dal 1985 al 2004 è stato ininterrottamente sindaco di Paullo, Comune dell’hinterland milanese. Quindi dieci anni da consigliere provinciale nel mezzo dei quali si è candidato alla presidenza della stessa Provincia sfidando, senza troppa fortuna, Guido Podestà e Filippo Penati nel 2009. Ora Gatti si ripropone per la Regione: «Il minimo comune denominatore delle priorità del nostro programma – spiega – è il rilancio dei servizi pubblici. Bisogna rivedere una sanità che ha ridotto i pazienti e i malati in clienti mortificando il ruolo dei medici di base in favore dei privati, bisogna rilanciare il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile anziché sprecare soldi e far violenza al territorio con autostrade e cementificazione, bisogna infine intervenire sulla questione dei rifiuti, per arginare infiltrazioni malavitose che possono condizionare la vita pubblica». (foto La Presse)

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Giorgio Gori è il candidato più accreditato per strappare al centrodestra la presidenza della Regione Lombardia dopo 23 anni di dominio ininterrotto, almeno stando ai sondaggi. L’attuale sindaco di Bergamo è sostenuto dal Pd, dai pisapiani di Lombardia Progressista oltre che da una lista del presidente, una lista autonomista e da Area Civica, Verdi e Partito Socialista. Nato e cresciuto a Bergamo, classe 1960, prima di consacrarsi alla carriera politica, Gori ha lavorato come giornalista. Il successo arriva grazie alla televisione: dal 1988 al 1999 diventa direttore delle reti e dei palinsesti dell’attuale Mediaset, il gruppo di Silvio Berlusconi, quindi fonda la casa di produzione televisiva «Magnolia», specializzata nell’ideazione di format che abbinino informazione e intrattenimento. Magnolia curerà diverse produzioni anche per Rai e Sky. Il salto di qualità in politica gli riesce come spin doctor di Matteo Renzi, il primo Renzi, quello della rottamazione. A giugno 2014 diventa sindaco di Bergamo. A 4 anni di distanza ecco una sfida decisamente più difficile, in Regione. «Fare, meglio» è il suo slogan, «slogan da riformista». Due priorità in sanità: «Ridurre le liste d’attesa e i superticket, quello che Roberto Maroni ha promesso e non ha fatto». Lavoro e laicità gli altri capisaldi. (foto Newpress)

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Inutili si sono rivelati gli insistiti appelli inviati a tutti i livelli dal Pd e in tutte le salse da Giorgio Gori: “Liberi e Uguali” (LeU) ha infine deciso di giocarsi la partita delle prossime elezioni Regionali in splendida solitudine e con un proprio candidato alla presidenza, Onorio Rosati. Di origini goriziane, 54 anni, Rosati ha fin qui diviso la sua vita tra sindacato e politica. Iscritto alla Federazione Giovanile Comunista Italiana, ha via via scalato posizioni all’interno della Cgil fino a diventare segretario della Camera del Lavoro. L’approdo alla politica, cinque anni fa, è nelle fila del Pd dal quale poi si stacca in netta contrapposizione alle scelte di Matteo Renzi fino all’ingresso e in “Liberi e Uguali” passando per il Movimento Democratico Progressista. «In Lombardia – ha dichiarato su queste pagine – il centrosinistra perde da 23 anni, è chiaro che serve un progetto politico radicalmente diverso da quello proposto in questi anni dal centrodestra: dobbiamo tornare a parlare a chi paga la crisi, a chi ha perso il lavoro». (foto Newpress)

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Alle regionarie del Movimento 5 Stelle ha battuto il deputato Massimo De Rosa: 793 voti contro 786. Dario Violi, nato a Costa Volpino (Bergamo) nel 1985, sposato con due figli piccoli, è il più giovane tra i candidati alla presidenza della Regione Lombardia. Laureatosi in Scienze Politiche all’Università di Pavia, si è specializzato in Cooperazione Internazionale. Ha collaborato in Bosnia e in Albania con educatori dell’infanzia locali e ha fatto volontariato anche in comunità per senzatetto e detenuti nonché con l’unità di strada a supporto delle prostitute con la Caritas di Darfo. Dal 2013 è portavoce in Consiglio regionale per il Movimento 5 Stelle. La sfida numero uno, tra le altre incluse nel programma pentastellato, è quella sulla sanità: «La sanità lombarda, per la maggior parte, è in mano ai privati – ha dichiarato Violi – e noi vogliamo riportarla nelle mani pubbliche anche attraverso un rilancio della medicina di base». Non secondari i temi dell’occupazione e della tutela dell’ambiente. (foto Newpress)

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