In Lombardia il biologico va a due velocità: corre solo nei supermercati, le coltivazioni non decollano

I consumi crescono anche con l’inflazione: la regione prima per acquisti col 34% del totale. Nei campi solo il 5,5% ha abbandonato i fertilizzanti chimici, poco più di 3.500 le aziende

Cibo biologico (foto di archivio)

Cibo biologico (foto di archivio)

Milano – Ne consuma tanto ma ne coltiva poco. È un rapporto a due facce quello tra la Lombardia e il biologico, la produzione agricola che non utilizza fertilizzanti chimici. Il 34% degli acquisti di etichette bio avviene nel nord-ovest e in particolare in Lombardia grazie anche all’impulso dei supermercati che hanno introdotto sugli scaffali frutta, verdura, carni e vini biologici. Nel 2023 il mercato è cresciuto nonostante l’inflazione abbia ridotto il potere d’acquisto delle famiglie. Secondo Nomisma, che ha presentato l’indagine a Norimberga in occasione del Biofach, la fiera mondiale dedicata al settore, le vendite nel mercato interno (consumi domestici e fuori casa) hanno raggiunto 5,4 miliardi, l’8% in più del 2022 (+298% la variazione tra il 2008 e il 2023). Il trend positivo dei consumi - nell’ultimo anno sono tornate a crescere anche le vendite nei negozi specializzati (+4,5%) dopo la frenata del 2022 - non si riflette invece nella produzione, soprattutto in Lombardia.

La prima acquirente bio in Italia coltiva solo 56.500 ettari senza fertilizzanti sintetici, il 5,5% del totale dell’area destinata all’agricoltura. Le aziende certificate sono circa 3.500: Pavia (709), Milano (661), Brescia (529) concentrano l’attività bio più elevata, almeno in valori assoluti. Il deficit è all’attenzione di Regione Lombardia, che sta provando a colmare il ritardo con altre regioni - Sicilia (387.202 ettari), Puglia (320.829), Toscana (229.070), Calabria (193.616) ed Emilia-Romagna (193.361) su tutte - finanziando la nascita di distretti del biologico. Il primo è stato istituito pochi giorni fa a Chiuro, nella media Valtellina: 15 aziende e operatori bio che producono ortaggi, mele, patate, uva, frutti di bosco, zafferano, piante officinali, uova e miele oltre ai formaggi.

«Si compra più biologico perché si cerca di acquistare ciò che sembra più sostenibile – spiega Roberta Dameno, docente di sociologia dei diritti dell’Università di Milano-Bicocca –. Utilizziamo il biologico come termine ombrello. Biologico è di moda, ma bisognerebbe spostare l’attenzione alla sostenibilità. Non tutto quello che è biologico è anche sostenibile sotto tutti gli aspetti, anche quello dei diritti: se coltivo senza utilizzare pesticidi è sicuramente una buona azione, che fa bene all’ambiente e all’organismo, ma se poi faccio raccogliere la verdura a lavoratori sottopagati non sono equo". C’è poi una questione di prezzi: "Il biologico si rivolge ancora a fasce di consumatori medio-alti – osserva Dameno –. Non è ancora alla portata di tutti, anche se esistono fasce di prezzi diverse. Ecco perché la crisi e l’inflazione incidono meno sull’andamento del mercato".