Un team per curare il diabete nella nuova casa di comunità

Il nuovo e moderno centro realizzato nell’ex ospedale di Broni grazie al sostegno dei Lions. Potenziata la capacità operativa e a breve verranno attivati anche altri servizi di controllo

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di Pierangela Ravizza

Un nuovo e moderno centro per la cura del diabete, rinnovato nei servizi e nelle strutture grazie al sostegno dei Lions, in funzione a Broni nell’ex ospedale trasformato in casa di comunità (struttura medica di riferimento territoriale e di prossimità), una delle prime della provincia di Pavia.

Ieri l’inaugurazione alla presenza dei vertici dell’Asst Pavia (Marco Paternoster, direttore generale, Francesco Reitano, direttore sanitario, e Gianluca Peschi, direttore socio sanitario) del primario di medicina generale dell’ospedale Broni-Stradella, Giovanni Ferrari e dei sindaci della zona fra cui Antonio Riviezzi (Broni) e Alessandro Cantù (Stradella). I Lions, oltre che dai responsabili dei sodalizi della zona e della provincia di Pavia, erano rappresentati, ai massimi livelli, da Jitsuhiro Yamada, past international presidente e responsabile della Campagna 100 dei Lions.

Notevolmente potenziata la capacità operativa del centro rispetto al preesistente ambulatorio ed è attivo un team multidisciplinare composto da diabetologi, infermieri di diabetologia, dietista nonché cardiologi, oculisti, nefrologi, chirurghi, ortopedici, dermatologici ed esperti in complicanze diabetiche. A breve è prevista l’attivazione di altri ambulatori dedicati al piede diabetico, al diabete di tipo 1, al diabete in gravidanza e a nuove tecnologie (pancreas artificiale). Il diabete, spesso silente e quindi non curato come dovrebbe essere, è sicuramente, dati alla mano, uno dei problemi evidenti della salute in Oltrepo Pavese. Non a caso rispetto alla media nazionale che si attesta poco al di sotto del 5% della popolazione, in questa zona a sud del Po, la stima (tenendo conto appunto di quelli non registrati), sale ad oltre il doppio con una percentuale del 10,86%, ovvero sedicimila persone.

Negli ambulatori del centro attivo a Broni e nella sede distaccata di Varzi, sono in cura ben 3.600 i pazienti. "Il modello proposto – è stato ribadito ieri, nel corso della cerimonia inaugurale – prevede l’integrazione tra ospedale e territorio, mediante la condivisione dei percorsi di cura con i medici di medicina generale".

Per una casa di comunità che cresce, però, restano sempre alcuni timori sulla piena funzionalità di tutti i reparti dell’ospedale di Broni-Stradella.

Il reparto di ortopedia e traumatologia non è ancora tornato operativo al 100%, mentre non è semplice, come per altri ospedali, il reclutamento di specialisti come anestesisti e si guarda con estrema attenzione al numero soglia richiesto da una norma nazionale (500 nuovi nati all’anno come minimo) per mantenere aperte ostetricia e ginecologia.