Sanità privata, lavoratori in lotta: "In prima linea col Covid, ma poi senza diritti"

Sulle barricate gli operatori sanitari del Pavese che lavorano nelle strutture private. Il mancato rinnovo del contratto li ha portati a proclamare lo sciopero

La preintesa era già firmata a livello nazionale poi qualcosa è andato storto

La preintesa era già firmata a livello nazionale poi qualcosa è andato storto

Pavia, 2 agosto 2020 - «Vergogna! Definiti eroi quando si tratta di fare profitto e poi negato ogni diritto". Hanno scritto questo sui cartelli 2.500 operatori sanitari delle strutture private della provincia (Maugeri, Mondino, Città di Pavia, ma pure di Pieve del Cairo, Vigevano, Broni e Godiasco) che hanno protestato e proclamato uno sciopero nazionale. A far scoppiare la rabbia, il mancato rinnovo del contratto quando sembrava quasi fatta.

«Dopo 14 anni di blocco contrattuale e 3 di trattative complicate – spiega Patrizia Sturini della Cgil – il 10 giugno era stata firmata la preintesa del contratto nazionale della sanità privata che aveva il 30 luglio come termine ultimo per la sottoscrizione definitiva". E proprio giovedì le controparti datoriali, Aiop (che fa parte di Confindustria) e Aris (associazione religiosa) non hanno firmato.

«Abbiamo chiesto un incontro al presidente della Regione Attilio Fontana – prosegue Sturini – e metteremo in campo iniziative. Siamo stati in prima linea durante l’emergenza e adesso non siamo equiparati ai lavoratori del pubblico". Nel contratto, che le assemblee dei lavoratori avevano approvato, era inserito un aumento medio di 154 euro che li avrebbe equiparati ai dipendenti della sanità pubblica e un bonus di mille euro da pagare in parte adesso e in parte ad ottobre. "I lavoratori contavano su questi soldi, per questo adesso sono amareggiati e delusi".

Il rinnovo pesa per il 50% sulle finanze pubbliche, visto che ministero della Salute e Conferenza Stato-Regioni hanno dato la disponibilità a coprire il costo contrattuale adeguando le tariffe. Ma qualcosa deve essere cambiato. E ora si rischia lo sciopero.