Omicidio passionale a Pavia: l'ex marito aveva ancora la pistola in tasca

L'uomo sarebbe stato ossessionato dal rivale Enrico Marzola, che gli aveva portato via la moglie e il lavoro di Manuela Marziani

Pavia, il luogo del delitto (Torres)

Pavia, il luogo del delitto (Torres)

Pavia, 10 ottobre 2014 - E' durata poco più di una giornata la fuga del presunto assassino di Enrico Marzola. Ieri pomeriggio la Squadra Mobile ha bloccato Dario Soffientini nei pressi di Copiano. Il 43enne stava andando dalla madre che abita nel Pavese a bordo della sua auto. Alla vista degli agenti l'uomo non ha opposto resistenza, si è fatto accompagnare in Questura dove in serata con ogni probabilità è stato sentito per raccontare che cosa è accaduto mercoledì. Subito dopo la scoperta del delitto dell’ex dipendente di un’impresa di pompe funebri, avvenuto al civico 11 di via Saragat, tutti i sospetti degli inquirenti si sono concentrati su di lui. Il 43enne, infatti, dopo il fallimento dell'azienda di pompe funebri per la quale lavorava con Marzola aveva perso l'equilibrio. I colleghi raccontano «quanto fosse cambiato. Forse non riusciva ad accettare che alcuni dipendenti fossero stati riassunti in una "rinata" azienda e lui non avesse trovato posto».

A questi problemi poi si è aggiunta anche una crisi coniugale. Proprio mercoledì Soffientini e la moglie che non vivevano più insieme, dovevano incontrarsi nello studio di un avvocato per firmare un ricorso per la separazione consensuale. A quell'appuntamento, fissato per le 16 e 30 però, il 43enne non si è mai presentato. É stato proprio così che l’ex moglie ha scoperto il cadavere crivellato di colpi del nuovo compagno, recandosi al capannone nella zona industriale di Pavia. Soffientini dovrà spiegare come mai e che cosa abbia fatto in tarda mattinata (il delitto si fa risalire alle 13 e 30 anche se è stato scoperto intorno alle 17). Il sospetto immediato degli inquirenti è che sia stato lui a tendere un agguato ad Enrico Marzola mentre si trovava all'interno del capannone dell'azienda di via Saragat e a scaricargli addosso decine di proiettili con una rabbia impossibile da fermare. Quando ieri gli agenti hanno fermato Soffientini aveva con sé una pistola a tamburo che potrebbe essere proprio l'arma usata per uccidere il 49enne di San Martino Siccomario. Dovranno essere gli esperti balistici a confermarlo, per ora si sa solo che Soffientini è un appassionato di tiro a volo.

Poteva quindi avere un'arma, anche se sono ancora in corso verifiche amministrative per accertare se possedesse il porto d'armi. Possedeva una pistola a tamburo, la stessa che si era portato via e che la Squadra Mobile ha trovato ieri pomeriggio quando lo ha bloccato al suo rientro nel Pavese. Stando a quanto si è appreso, l'uomo dovrebbe aver vagato un po' per il Nord Italia. Sulle sue tracce da mercoledì nel tardo pomeriggio, gli inquirenti pensavano potesse essersi diretto in Trentino e in particolare a Montagnaga di Pinè, una frazione Baselga di Pinè dove si trova un luogo molto caro a Soffientini e alla moglie, il santuario della Madonna. Le ricerche effettuate, però, non hanno dato alcun esito. L'uomo forse non è mai uscito dalla Lombardia e ieri è stato bloccato a una decina di chilometri da Pavia.

Le indagini stanno cercando di capire se Soffientini fosse a conoscenza della relazione tra l’ex collega e la moglie da cui stava separandosi o se Marzola fosse stato per lui un chiodo fisso solo legato a quel lavoro che, a differenza di Marzola, aveva perso per sempre.