Rara mutazione genetica espone giovani uomini a forme più gravi di Covid

Pavia, studio del San Matteo e dell'Università di Siena su 156 pazienti con meno di 60 anni. Il caso singolare di due fratelli

Tampone Covid

Tampone Covid

Pavia, 26 marzo 2021 – Una rara variazione genetica potrebbe esporre alcuni giovani uomini a forme più gravi di Covid. E’ quanto evidenzia uno studio condotto su giovani uomini dall’Università di Siena e dal San Matteo di Pavia. Chi sarebbe affetto da una rara variazione genetica, che diminuisce la risposta immunitaria innata a Sars-CoV-2, potrebbe trarre beneficio da uno screening genetico e dal trattamento con interferone.

“Nonostante l’età avanzata e la presenza di condizioni pregresse come malattie cardiovascolari o diabete siano noti come fattori di rischio, presi singolarmente non spiegano fino in fondo le differenze nella gravità della malattia- spiega Chiara Fallerini, ricercatrice dell’Università di Siena -. Per alcuni giovani uomini senza condizioni mediche pre-esistenti è più probabile venire ricoverati, entrare in terapia intensiva e addirittura morire di Covid-19, evidenziando come alcuni fattori causino difetti del loro sistema immunitario”.

Una recente ricerca ha dimostrato come i geni che controllano l’interferone siano importanti per regolare la risposta immunitaria contro il Covid. L’interferone viene prodotto dalle cellule immuni durante l’infezione virale, lavora insieme alle molecole sulla superficie delle cellule immuni chiamate Toll-like receptors (TLR) veri sensori dei virus ed avviano la risposta immunitaria.

Mario Mondelli di malattie infettive 2 del San Matteo
Mario Mondelli di malattie infettive 2 del San Matteo
“Quando un recente studio ha identificato rare mutazioni in un gene Tlr, il Tlr7, nei giovani uomini affetti da Covid, - dice Mario Mondelli, direttore di malattie infettive 2 della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia e professore dell’Università di Pavia, co-senior author dello studio - abbiamo voluto indagare se si trattasse di una situazione rarissima o se fosse la punta dell’iceberg”.

Lo studio ha analizzato 156 pazienti affetti da Covid 19, tutti di sesso maschile e con un’età inferiore ai 60 anni, a loro volta selezionati da un più grande studio italiano, avviato il 16 marzo dello scorso anno, chiamato Gen-Covid; un network di oltre 40 ospedali italiani coordinati dalla professoressa Alessandra Ranieri, direttrice dell’Unità di genetica medica dell’azienda ospedaliera universitaria di Siena. Dallo studio, il gene TLR7 è stato identificato come uno dei più importanti legato alla gravità della malattia. È, infatti, emerso che su 79 pazienti 5 presentavano mutazioni missenso del gene TLR7 con Covid 19 molto grave, mentre sugli altri 77 pazienti non è stata rilevata nessuna simile mutazione.

Per confermare l’impatto delle mutazioni relativamente alla risposta al Covid, il team di ricercatori ha deciso di studiare due fratelli, uno con la mutazione del gene dell’interferone e l’altro senza. I livelli di reattività del gene dell’interferone erano molto inferiori nel fratello con la mutazione missenso se paragonato all’altro fratello. Inoltre, quello con la mutazione ha avuto il Covid in forma grave, mentre il fratello con i geni dell’interferone normali era asintomatico.

Dallo studio emerge che i giovani uomini affetti da Covid in forma grave, con ulteriore perdita della funzione dei geni che regolano l’interferone, rappresentano un gruppo ristretto, ma importante di pazienti più vulnerabili. Inoltre, queste mutazioni potrebbero potenzialmente giustificare l’incremento fino al 2% della gravità della malattia nei giovani uomini. Ecco perché il controllo di queste mutazioni, presente nei pazienti con Covid 19 acuto, e il loro immediato trattamento con l’interferone, potrebbe evitare molte morti.