Pavia, la Covid unit della Maugeri chiude in Pneumologia

Dopo l’ultimo paziente dimesso avviato lo smantellamento: "Non sono stati mesi facili" Lo stesso oggi a Montescano

Gli operatori sanitari del’ormai ex Area Covid in pneumologia alla Maugeri

Gli operatori sanitari del’ormai ex Area Covid in pneumologia alla Maugeri

Pavia, 13 giugno 2020 - «È finita veramente": un operatore della Covid unit della Pneumologia riabilitativa della Maugeri ha scritto questo sulla tuta bianca che ha indossato per mesi. Il reparto ora è chiuso. "Dopo le dimissioni dell’ultimo paziente avvenute martedì - ha detto la dottoressa Antonella Balestrino, pneumologa del reparto - e con le notizie positive che ci arrivano dalla Protezione civile, abbiamo potuto chiudere". Lo stesso oggi farà anche il reparto dell’Irccs di Montescano diretto da Claudio Fracchia in cui c’erano 82 letti e da marzo si sono alternati 212 pazienti, come ha fatto il reparto Covid/2 del professor Luca Chiovato che ha cominciato due settimane dopo l’arrivo a Pavia del paziente 1 e il 21 maggio aveva liberi i suoi 70 posti letto dai quali eano passati circa 150 pazienti. "Non sono stati mesi facili - ha aggiunto la dottoressa Balestrino -. Il 20 febbraio il nostro primario, Piero Ceriana, ha inviato a tutti i collaboratori un messaggio in chat per avvisarci dell’emergenza. Da quel momento ci siamo messi a disposizione del San Matteo per accogliere i pazienti non Covid che non potevano seguire poi, era il 16 marzo, abbiamo cominciato a ricoverare malati che arrivavano anche dal pronto soccorso perché abbiamo le strumentazioni e Ceriana è anche un rianimatore".

Trentacinque i letti a disposizione nel reparto, 12 dei quali di terapia subintensiva dai quali sono passati circa 150 pazienti. "Tra marzo e aprile - ha sottolineato Balestrino - tutti i pazienti arrivati avevano bisogno di ossigenoterapia perché le loro condizioni erano gravi, poi la malattia è cambiata. Probabilmente grazie alle misure di contenimento, la pressione si è allentata e la situazione è andata migliorando". Ma negli occhi di tutti gli operatori rimane la sofferenza vista: "La mancanza di respiro è terribile - ha proseguito la pneumologa -, restare poi da soli, senza i propri familiari è stato molto difficile. Ad alcuni abbiamo dovuto comunicare il decesso del compagno, mentre avevano i genitori ricoverati altrove. Ad aiutarci c’era una psicologa che sta lavorando ancora con alcuni pazienti dimessi. Noi abbiamo avuto molti ricoverati tra i 55 e i 60 anni, senza patologie e non abituati agli ospedali".