Pavia, insulti razzisti e botte alla moglie: condannato a due anni e mezzo

Un 51enne dovrà anche risarcire la consorte con 5mila euro. Violenze iniziate nel 2009

L’ingresso del tribunale di Pavia dove è stata emessa la sentenza di condanna

L’ingresso del tribunale di Pavia dove è stata emessa la sentenza di condanna

Pavia -  Botte e insulti, anche razzisti, alla moglie: un 51enne campano ma residente nel Pavese è stato condannato nei giorni scorsi a due anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti in famiglia. L’uomo è anche stato condannato al risarcimento dei danni verso la moglie, da liquidarsi in separato giudizio civile, per cui il giudice ha disposto una provvisionale da cinquemila euro. È stata invece emessa sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione alla contestazione di alcune lesioni risalenti al periodo tra aprile e maggio 2013. I maltrattamenti erano iniziati circa a settembre 2009 per proseguire fino ad aprile 2014. La coppia si era sposata in Congo, luogo d’origine della donna, la quale poi incinta aveva raggiunto il marito: l’aggressività dell’uomo si era subito manifestata dai primi giorni, tanto da spingere la sposa a rivolgersi ai Servizi sociali comunali per ricevere protezione.

Quando nacque la loro figlia, la piccola con la madre furono ospitate per un periodo in una comunità, ma poi lui aveva promesso di non farle più del male e la donna aveva acconsentito a tornare a casa. Le violenze però continuarono, tanto che la donna dovette far ritorno in comunità e la piccola fu affidata a un’altra famiglia. La quotidianità della moglie era fatta di pugni, calci, schiaffi e spintoni, lui la insultava anche con offese razziste e le sputava in faccia. Addirittura, quando la donna si iscrisse a un corso professionale per cercare lavoro, lui cercò di ostacolarla avendo saputo che le lezioni sarebbero state frequentate anche da uomini. Il 15 febbraio 2013 la donna subì un tentativo di violenza sessuale dal marito: lei non voleva avere un rapporto sessuale, lui allora le aveva strappato i vestiti e l’aveva presa a calci e pugni. Lei a quel punto aveva lasciato casa, aveva trovato rifugio da una zia. Ma le angherie da parte del marito erano proseguite, tanto che lui la seguiva, la insultava, le tendeva imboscate per minacciarla o aggredirla fisicamente. Incriminato, è finito a processo e ora è stato condannato.