Da Mattia alla donna con dermatite: tutti i pazienti 1

Il manager codognese fu il primo italiano con diagnosi di Covid, ma i ricercatori retrodatano la presenza del Sars-CoV-2 in Italia all'autunno 2019

Mattia Maestri, il primo "paziente 1"

Mattia Maestri, il primo "paziente 1"

Milano, 9 febbraio 2021 - Quando è arrivato il Sars-CoV2 per la prima volta in Italia? Che strada ha preso? Come si è diffuso? In questi dodici lunghi mesi scienziati, ricercatori, giornalisti: tutti sono andati alla ricerca di queste risposte. All'inizio fu Mattia Maestri: il 38enne della Bassa Lodigiana ricoverato all'ospedale di Codogno, il 20 febbraio riceve l'esito di un tampone fuori dai protocolli: positivo al nuovo coronavirus. Per qualche ora è lui il "paziente 1" in Italia, di lui si indagano spostamenti, incontri, cene, appuntamenti sportivi. La moglie incinta è anche lei ricoverata. La cena con un collega rientrato dalla Cina diventa il momento dell'infezione, ma in poco tempo diventa chiaro che la realtà è ben più drammatica: nelle stesse ore del 21 febbraio in cui tutta Italia scopre dove si trova Codogno, emergono i casi a Vo' Euganeo, in Veneto. 

Vero è che i primi due casi di pazienti ricoverati per Covid risalgono al 30 gennaio, sono due turisti provenienti dalla Cina e individuati a Roma. Tuttavia sono turisti cinesi, la loro individuazione per tempo sembra lasciare margini di sicurezza. Non è così.

Il bimbo col morbillo: dicembre 2019

Mano a mano che il mondo familiarizza con sintomi, caratteristiche e variazioni del virus, si iniziano a studiare casi sospetti, pazienti con sintomi strani e non spiegabili, precedenti al 20 febbraio. A dicembre 2020 la prima scoperta, che fa retrodatare a un anno prima, dicembre 2019, la presenza del virus in Italia: si tratta di un bimbo con i sintomi apparentemente del morbillo. E invece era Covid-19. A dimostrare che il virus SarsCov2 circolava in Italia già dal tardo autunno dell'anno scorso è stato dapprima uno studio dell'università Statale di Milano, pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseasese. Il tampone fatto a un bambino di 4 anni, che già dal 21 novembre aveva iniziato a stare male con tosse e rinite, ha rivelato infatti la presenza del virus, almeno 3 mesi prima del paziente 1 di Codogno. 

Il 30 novembre 2019 il bambino era stato portato al pronto soccorso con sintomi respiratori e vomito e il primo dicembre erano comparse macchie sulla pelle simili a quelle del morbillo. Il 5 dicembre, 14 giorni dopo l'inizio dei sintomi, gli viene fatto un tampone orofaringeo per il morbillo, che analizzato poi successivamente ha mostrato che invece la causa era il SarsCov2. "L'idea - precisa Silvia Bianchi, una dei ricercatori - è  stata quella di indagare retrospettivamente tutti i casi di malattia esantematica identificati a Milano dalla rete di sorveglianza di morbillo e rosolia tra settembre 2019 e febbraio 2020, risultati negativi alle indagini di laboratorio per la conferma di morbillo". Il SarsCoV2 può infatti dar luogo a sindrome simil-Kawasaki e manifestazioni cutanee, comuni ad altre infezioni virali, come il morbillo.

La donna con la dermatite: novembre 2019

Le iniziali descrizioni di tali sintomi associati a Covid-19 sono arrivate proprio dai dermatologi della Lombardia. E infatti, andando ancora più indietro, emerge una nuova "paziente 1" italiana. Anche qui, il sintomo è sulla pelle. Si tratta di una donna milanese di 25 anni, cui era stata fatta una biopsia per una dermatosi atipica, il 10 novembre 2019. La scoperta è stata pubblicata sul British Journal of dermatology dai ricercatori guidati da Raffaele Gianotti, dell'Università Statale di Milano, in collaborazione con lo Ieo e il Centro diagnostico italiano.

Un gruppo di patologi ha riesaminato le biopsie cutanee di dermatosi atipiche osservate in autunno 2019 con risultati sorprendenti. "Dopo aver studiato le manifestazioni cutanee - ha detto Gianotti - in pazienti affetti da Covid-19  dell'area milanese, ho riesaminato al microscopio le biopsie di malattie cutanee atipiche eseguite alla fine del 2019 in cui non era stato possibile effettuare una diagnosi ben precisa. Abbiamo cercato nel passato perché nei nostri lavori già pubblicati su riviste internazionali, abbiamo dimostrato che esistono, in questa pandemia, casi in cui l'unico segno di infezione da Covid-19 è quello di una patologia cutanea. Mi sono domandato se avessimo potuto trovare indizi della presenza della Sars-CoV-2 nella cute di pazienti con solo malattie della pelle prima dell'inizio della fase epidemica ufficialmente riconosciuta". 

La biopsia della 25enne ha mostrato la presenza di sequenze geniche dell'Rna del virus Sars-CoV-2. La paziente, contattata a posteriori, ha riferito assenza di sintomi sistemici da infezione da Covid-19, la scomparsa delle lesioni cutanee dopo cinque mesi e la positività degli anticorpi anti Sars-CoV-2 nel sangue periferico a giugno 2020.

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