ROBERTO SANVITO
Sport

Marinò, addio al basket: "E ora divento sommelier"

A quarant’anni e dopo una carriera di successi fra Monza, Desio e Lissone. Il giocatore ripercorre le sue esperienze: "È stato un viaggio impareggiabile".

Matteo Marinò, monzese doc, 40 anni, ora si è trasferito a Cesano Maderno

Matteo Marinò, monzese doc, 40 anni, ora si è trasferito a Cesano Maderno

Mancino per eccellenza. Penetrava (quasi) sempre a sinistra, i difensori lo sapevano bene ma arginare il suo guizzo a canestro era competenza di pochi. E spesso oltre al canestro in appoggio ci scappava anche il fallo subito. Matteo Marinò, monzese doc (ma ora con moglie e figlioletto a Cesano Maderno) classe 1985, ha scritto una parte della storia della pallacanestro brianzola.

Ha iniziato nella sua Monza – quando la Forti e Liberi veleggiava in grande stile in Serie B – con in mezzo la parentesi di Saluzzo. Poi l’Aurora Desio dal 2008 fino al 2015 di cui diventa anche capitano. Poi Gazzada, Olginate con una promozione in B e infine sei campionati a Lissone con una fugace apparizione alla Pob Binzago. Dopo i playoff di Serie C di questa primavera ha smesso a quarant’anni, cifra tonda. Emblematiche le modalità per comunicarlo a tutti tramite i social: una storia su Instagram con le scarpe e la scritta “Non voglio più rivederle“. Ora nella sua testa ci sono tennis e padel.

Riavvolgiamo il nastro, come nasce la passione per la palla a spicchi? "Durante le scuole elementari nuotavo, come tutti i bambini. Ma voglio giocare a calcio. Qui entra in gioco la mamma che me lo impedisce con la solita storia che d’inverno ci si ammala e si salta la scuola. Faccio judo, karate e poi seguo alcuni amichetti che giocano in Forti e Liberi. E qui comincia la mia storia allenato da Roberto Cecchini".

Salto in avanti, i suoi ricordi più belli in carriera? "Due, la promozione in B con Olginate e il rientro in campo dopo la rottura del primo tendine d’Achille. Giocavo a Desio, me lo ruppi contro Bernareggio e poi la ripresa contro Oleggio, una grande emozione.".

E la delusione più cocente? "Sicuramente la finale di playoff in Serie C nel 2014 a Desio contro Valsesia. Eravamo convinti di farcela, in gara-1 andavamo il doppio di loro, ma poi vinsero… loro. Quella sensazione che ti senti onnipotente e poi…".

Ha avuto tantissimi compagni di squadra: i più forti? "Ne cito tre. Edoardo Gallazzi a Desio, Leo Gros e Filippo Sales in Forti e Liberi".

E l’avversario più complicato da marcare? "Matteo Montano della Fortitudo Bologna".

E adesso cosa farà? "Prima di tutto è stato un bel viaggio, impareggiabile in cui ho incontrato amici e compagni di vita, non a caso i miei due testimoni di nozze sono stati Davide Villa (ex coach a Desio, ndr) e Mirko Meregalli. Sono rimasto legato all’ambiente Apl, do una mano ad Andrea Grazioli, magari un giorno farò il corso allenatori, ma prima devo finire quello da sommelier…".

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