Colmar fa 100 anni. L’ad: “Non c’è motivo di lasciare Monza. La sfida per il futuro è la sostenibilità”

Giulio Colombo, nipote del fondatore, si occupa di sviluppo del prodotto: con le collezioni da città in dieci anni il fatturato dell’azienda è raddoppiato

Colmar, da sempre marca di riferimento per l'abbigliamento sportivo da montagna

Colmar, da sempre marca di riferimento per l'abbigliamento sportivo da montagna

Monza – Il 31 ottobre la Colmar, Manifattura Mario Colombo & C Spa, ha compiuto un secolo.

Partiamo da qui, cosa significa?

"Significa tanto, la dimostrazione che Colmar ha sempre avuto resilienza: sono 100 anni. Sembrava un traguardo così lontano e invece eccoci qui, siamo sempre riusciti a navigare nelle buone acque così come in quelle meno buone".

Giulio Colombo, classe 1960, studi in Bocconi, terza generazione della “famiglia Colmar”, è CEO con il fratello Carlo di un’azienda che ha marchiato a fuoco la storia dell’imprenditoria brianzola (oggi 250 dipendenti, che salgono a 350 coi collaboratori. E 27 negozi in Italia e in Europa).

Dieci anni fa fatturavate 65 milioni di euro. L’economia per molti è in crisi eppure voi quest’anno dovreste fatturare 115 milioni. Cosa è successo?

"L’invenzione di Colmar Originals. Sport e fashion convivono con le collezioni tecniche per gli sciatori che fanno parte del nostro Dna. Colmar ha due facce, ha due anime: è leader nella neve, vestiamo ancora ad esempio le Nazionali sciistiche di Francia e Slovenia, ma fa anche abbigliamento da città e lifestyle. È nato tutto recuperando un vecchio logo con i nostri colori, il rosso e il blu, e applicandolo a capi destinati alla città mantenendo il nostro contenuto tecnico e lo sviluppo di una linea sportiva che ci ha permesso di superare i limiti imposti dal solo mercato dello sci".

Siete un brand internazionale. Vi è mai venuto in mente di lasciare una realtà geograficamente piccola come Monza?

"No. Assolutamente. Siamo estremamente orgogliosi e affezionati a Monza, il nonno aveva fondato qui la sua azienda, Angelo che era mio padre e suo fratello Giancarlo l’hanno sviluppata qui, siamo legatissimi a questa città, in fondo la filosofia brianzola è quella delle aziende a conduzione familiare di cui i Colombo..."

...sono incarnazione.

"Non c’è motivo di andarsene. Siamo vicini a Milano, capitale della moda, e all’Europa".

Gli sci restano l’anima della Colmar: passione di famiglia? I Colombo sciano?

"Sono appassionato, ho praticato tutte le discipline, dalla discesa al fondo, ho trascinato sulle pelli anche i ragazzi…".

Con un occhio, anche sulle piste, sempre al lavoro.

"Inevitabile: ai miei amici, quando li raggiungevo in montagna, ho sempre detto sempre che il 50% del mio spirito andava al divertimento ma l’altro 50 al lavoro, al controllo della concorrenza, delle tendenze, dei materiali".

Il mondo, anche economico, sta attraversando un momento difficile.

"Una serie di momenti critici, se ripenso agli ultimi anni me ne vengono in mente parecchi. il Covid, le guerre, in Ucraina e ora anche in Palestina, l’inflazione, il caldo. Tutti hanno inciso, ma non ci fanno paura: obbligano a combattere adottando strategie flessibili, non è più tempo di fare piani con un respiro anche di 5 anni come un tempo, ma di 6 mesi, avere elasticità è fondamentale".

Fanno paura i cambiamenti climatici?

"Ci obbligano a pensare a una gamma di prodotti diversi, se considero i giacconi con imbottiture leggere mi rendo conto che un tempo non ci avremmo nemmeno pensato. Insomma, speriamo sempre che nevichi: ovviamente scherzo, ma facciamo danze propiziatorie in azienda...".

In caso di neve, c’è sempre Colmar?

"È un claim talmente azzeccato che lo utilizziamo ancora oggi, era venuto in mente a un nostro creativo negli anni Settanta guardando i cartelli stradali che avvertivano di utilizzare le catene in caso di neve sulle strade di montagna, la neve è il nostro core business a cui facciamo riferimento ogni giorno, in fondo le innovazioni migliori vengono sempre dall’osservazione. L’anno prossimo saranno 40 anni che lavoro in Colmar e di innovazioni ne ho viste parecchie".

Un tempo colpiva l’immaginario il fatto che per i suoi brevetti la Colmar si servisse anche nella Galleria del Vento (e dell’Università) ...

"Un punto che è sempre stato molto importante per noi è vestire atleti di successo, per garantire ai clienti credibilità e qualità".

L’obiettivo è sempre quello?

"Il cliente deve pensare: se quei capi li indossa un grande atleta, allora posso fidarmi".

Un’azienda tutta in famiglia, da quattro generazioni: come si fa? Litigate?

"Discutiamo parecchio, è necessario… ognuno con le proprie competenze ma consapevoli che troveremo sempre una sintesi positiva".

Cosa c’è nel futuro?

"La sfida è la sostenibilità, che non significa solo l’uso di materiali riciclabili, ma un concetto più ampio, di stile e qualità, proporre sul mercato un capo che duri nel tempo ad esempio contribuisce a questa sfida".