Mercatone Uno, una cassa integrazione dignitosa

L’iniziativa della deputata Paola Frassinetti ha fatto cancellare l’indennità di soli 400 euro per portarla a una cifra più dignitosa

Una manifestazione davanti a un punto vendita del gruppo fallito (Brianza)

Una manifestazione davanti a un punto vendita del gruppo fallito (Brianza)

Cesano Maderno (Monza Brianza), 1 novembre 2019 -  La vergogna dell’indennità di cassa a 400 euro al mese cancellata da un’iniziativa di Paola Frassinetti. Attraverso un ordine del giorno, la deputata brianzolo di Fratelli d’Italia ha chiesto e ottenuto dal Governo il ricalcolo degli ammortizzatori per 1.860 lavoratori stritolati dalla crisi del Mercatone Uno, il panzer del mobile low-cost che ha lasciato in mezzo alla strada venditori, cassiere, falegnami e l’indotto.

Una crisi spaventosa con un colpo di coda «intollerabile», sottolinea la parlamentare. A maggio, dopo i fallimento, non c’è stato solo il danno di veder tramontare ogni speranza di rinascita con il buco lasciato dalla Shernon Holding srl, la società che aveva rilevato i 55 punti vendita del vecchio sponsor di Marco Pantani, fallita in 9 mesi dopo avere accumulato 90 milioni di euro di debiti, ma anche la beffa di vedersi conteggiati gli aiuti sulla busta paga ridotta, come prevedeva l’accordo, subito naufragato, per il rilancio. La società, infatti, aveva promesso due anni di piena occupazione a tutti, più una trentina di assunzioni entro il 2021, ma ad orario e retribuzione ribassati. I dipendenti avevano accettato, ma poi la nuova proprietà aveva portato i libri in tribunale. Da lì, il calcolo «indecente». Ora, l’iniziativa politica che «rimette le cose a posto». «Una misura di equità nei confronti di quasi 2mila famiglie che da quattro anni sono a rischio povertà», spiega Frassinetti.  Nel gruppo , anche i 52 dipendenti di Cesano, gli ex lavoratori del punto vendita di via don Viganò. Uno di quelli per i quali ieri si è chiuso un nuovo bando di vendita, su input dei commissari che stanno gestendo la situazione dopo la fine della Shernon.  «Il governo ha promesso risorse per adeguare la cassa - sottolinea la parlamentare - solo così restituiremo un po’ di dignità a chi lotta per avere un futuro».

Nei guai non ci sono solo le maestranze, ma anche le 500 aziende fornitrici che vantano crediti non riscossi per circa 250 milioni di euro e i loro dipendenti, un esercito in bilico di altri 10mila addetti. Per tutti sono ore decisive, si sta con fiato sospeso aspettando l’esito dell’asta che porterà all’aggiudicazione parziale o totale dei negozi.  Dal ministero dello Sviluppo economico guidato da Stefano Patuanelli dove è aperto un tavolo di crisi sulla vicenda, fanno sapere che le manifestazioni di interesse sono state 24, ma che sono 11 le aziende ammesse alla gara. Resta da risolvere anche il nodo dei 20mila consumatori che hanno acquistato un prodotto, versando un acconto o l’intera somma: alcuni di loro non hanno mai ricevuto indietro quanto già pagato.