ANTONIO CACCAMO
Economia

Il patron di K-Flex: "In Italia solo perdite"

Il presidente Amedeo Spinelli conferma la delocalizzazione: "Proseguire con la produzione qui è antieconomico"

Amedeo Spinelli

Amedeo Spinelli

Monza, 8 marzo 2017 - Amedeo Spinelli è Presidente dell'Isolante K-FLEX, che ha fondato nel 1989, e da Roncello è oggi presente in oltre 60 Paesi nel mondo. Grazie ad una consolidata esperienza ed a una rete di contatti tecnico commerciali è stato, insieme ai due figli Marta e Carlo, il principale artefice dello sviluppo dell’azienda. Nella crisi K-FLEX conferma la linea annunciata: delocalizzazione.

La chiusura della fabbrica di Roncello dunque è decisa?

Innanzitutto K-FLEX non chiude e non va via dall’Italia. Gravi problematiche strutturali e di sicurezza ci impongono di lasciare la sede di via Leonardo Da Vinci nella quale siamo in affitto. Le problematiche relative al mercato rendono impossibile e antieconomico proseguire la produzione, ma restiamo con un’importante unità di ricerca e sviluppo insieme al mantenimento di attività logistico/distributive e a varie funzioni di marketing e vendita che occuperà oltre 60 lavoratori.

Non ci sono le condizioni per poterla salvare?

La K-FLEX non è né malata né in agonia. Dire che proseguire con la produzione in Italia sarebbe antieconomico significa che, in un’ottica di economia globale come la nostra, dobbiamo chiudere la produzione in Italia per rimanere competitivi nel mondo dove la K-FLEX, non dimentichiamolo, dà lavoro a più di 2000 famiglie.

Anche la Pastorale del Lavoro dell’Arcidiocesi di Milano vi ha invitati a riflettere, cosa rispondete?

La lettera della Diocesi è equilibrata, attenta al problema sociale ma ci riconosce la "nostra legittima aspirazione di rimanere competitivi in tutto il mondo". Siamo grati dell’interessamento dell’Arcidiocesi di Milano con la quale, tra l’altro siamo in già contatto e collaborazione sia come famiglia sia come azienda, su più fronti.

Come mai investite all’estero e in Italia chiudete?

E' dal 1989 che investiamo in Italia e abbiamo iniziato a crescere in Europa a partire dal 1993 e negli altri continenti dal 1998. Oggi, ripeto, non stiamo chiudendo in Italia e non stiamo delocalizzando. Lo sviluppo in altre aree è rispondente ad una maggior domanda locale.

Avete ottenuto però milioni di fondi pubblici….

Si tratta di un prestito, che per definizione quindi dobbiamo ed abbiamo già restituito in buona parte, per attività di ricerca e sviluppo. L’erogazione di un prestito, secondo quanto previsto dal bando, avviene solo dopo l’effettiva verifica della destinazione di impiego dello stesso. L’importo complessivo è stato quindi interamente investito in Italia ed esclusivamente in ricerca e sviluppo. Il tutto documentabile e verificabile.

La società Simest, gruppo Casa depositi e prestiti, ha sostenuto la vostra internazionalizzazione…

Forse non tutti sanno che lo scopo della SIMEST è proprio quello di sostenere la crescita delle imprese italiane attraverso l’internazionalizzazione della loro attività. Simest opera come società di private equity e versa capitale in imprese estere a forti potenzialità di sviluppo, non si tratta quindi di un aiuto di Stato ma di un investimento che Simest effettua con logiche di profitto come ogni altra impresa. Anche in questo caso si tratta di un prestito, concesso dal Ministero dello Sviluppo Economico attraverso una società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, a noi come a molte altre imprese italiane che stanno internazionalizzando.

Aver ricevuto aiuti di stato non vi pone vincoli morali a lasciare l’Italia?

Non abbiamo nulla da rimproverarci. Siamo imprenditori italiani e all’Italia vogliamo continuare a dare il nostro valore in termini di ricerca e di sviluppo, tenendo conto però che viviamo in una economia globale e nel rispetto del piano industriale. Tutti i contributi pubblici che abbiamo ricevuto sono stati utilizzati allo scopo per cui le Istituzioni li hanno erogati.

Metterete a rischio l’esistenza di 187 dipendenti e delle loro famiglie, come pensate di ridurre l’impatto umano e sociale della vostra scelta?

Non si dia all’imprenditore responsabilità che non ha. Noi non mettiamo a rischio l’esistenza di nessuno anche se comprendiamo la delicatezza sociale di questo passaggio. Stiamo agendo nel totale rispetto di tutte le norme di legge in materia con la responsabilità civile e morale di un imprenditore che è disposto ad elaborare con le Parti Sociali un piano di incentivazione e di politiche attive.

Da piccola realtà lombarda siete diventati un grande gruppo multinazionale, dove siete nel mondo?

Siamo presenti in Europa, Asia, Medio Oriente, e Nord America con un totale di 11 stabilimenti produttivi, abbiamo inoltre sedi logistiche e commerciali in più di 60 paesi dove siamo leader per quanto riguarda la produzione di sistemi per isolamento termico e acustico per impiego in ambito civile e industriale.

Come chiuderete il bilancio 2016?

Il bilancio civilistico della società italiana sarà positivo ma include gli utili prodotti all’estero dalle consociate. Il bilancio che riguarda le attività in Italia, escludendo quindi gli utili prodotti all’estero, sarà negativo come da alcuni anni a questa parte e, negli esercizi dal 2013 al 2015, ha fatto registrare perdite rilevanti che vanno dai 2,5 ai 4 milioni di euro.