Candy, nessuno sarà licenziato ma gli stipendi saranno tagliati

Trovata un’intesa che salverebbe i posti pur riducendo gli stipendi. Ora i 500 operai dovranno votarla

La fabbrica Candy a Brugherio

La fabbrica Candy a Brugherio

Brugherio (Monza Brianza) , 8 settembre 2018 - Candy, c’è un’intesa per cancellare i licenziamenti. L’avrebbero raggiunta nei giorni scorsi azienda e sindacati. Il 23 settembre scadranno infatti gli ammortizzatori sociali (contratti di solidarietà trasformati un paio di mesi fa in cassa integrazione) attuati 2 anni fa per congelare i 280 esuberi annunciati dall’azienda. Ora sindacati e azienda avrebbero trovato un accordo che permetterà di chiedere un ulteriore anno di cassa integrazione ma, anche quando scadrà - o subito anche se non fosse concesso un altro anno di cassa (ipotesi improbabile) - non ci sarebbero licenziamenti. Ciò grazie a un accordo che taglierebbe gli stipendi (lasciandoli al livello attuale con le riduzioni legate agli ammortizzatori) ma conserverebbe l’occupazione.

I dettagli sono ancora da scoprire. Martedì, in assemblea, saranno illustrati ai circa 500 operai che realizzano lavatrici nella fabbrica di Brugherio (ultima del gruppo Candy rimasta in Italia). Poi ci sarà il referendum nel quale i lavoratori saranno chiamati a dire sì o no all’intesa. La strada verso questo accordo era già stata tracciata un paio di mesi fa quando azienda e sindacati trasformarono i contratti di solidarietà in cassa integrazione. Una norma prevede infatti che in aziende che abbiamo avviato trasformazioni industriali con nuove tecnologie per creare le cosiddette “fabbriche 4.0” (cosa che Candy ha fatto a Brugherio ottenendo anche finanziamenti regionali) ci sia la possibilità di chiedere un prolungamento fino a un anno degli ammortizzatori. Ma solo per la cassa integrazione. Intanto però sindacati e azienda hanno lavorato per “neutralizzare” gli esuberi anche senza cassa integrazione. Come? Verrebbero sostanzialmente cancellati gli accordi di secondo livello e la 14esima (anche questa un’integrativo aziendale) spalmata lungo l’anno (pagata ogni mese). I nuovi assunti non dovrebbero più godere di nessun integrativo. Le ore lavorative (attualmente 16 a settimana) passerebbero a 24 (nel prossimo, eventuale, anno di cassa ) e poi a 28 definitive con aumenti dei volumi: dalle attuali 320mila lavabiancheria all’anno a 500mila.

Soluzioni che, pur salvando l’occupazione, non convincono tutti proprio per i tagli economici strutturali. Verrebbe anche tolto il pullman aziendale che porta a Brugherio i lavoratori (un’ottantina in totale, ma molti non usano il bus) che prima lavoravano nelle fabbriche lombarde ora chiuse. «Molti, senza il pullman, sarebbero impossibilitati anche per i costi a venire a Brugherio. Si tratterebbe di un licenziamento camuffato», dice qualcuno fuori i cancelli dell’azienda. Di sicuro il Gruppo Candy, dopo anni di flessione, sta attraversando un momento di rilancio. Il fatturato è cresciuto del 14% nel 2017 (1,148 miliardi di euro di ricavi). Candy ha circa 4.100 dipendenti nel mondo, sei stabilimenti tra Europa, Turchia e Cina. Oltre a Hoover, possiede, fra gli altri, i marchi Rosières (Francia), Jinling (Cina).