Biassono, sciopero alla Rovagnati: "No al lavoro in appalto"

La protesta di ieri ha interessato gli stabilimenti brianzoli e quello di Felino Preoccupa la scelta dell’azienda di salumi di esternalizzare altri reparti

un presidio dei lavoratori contro l’affidamento esterno dei reparti

un presidio dei lavoratori contro l’affidamento esterno dei reparti

Biassono (Monza) -  Tensione alla Rovagnati, dove gli operai ieri hanno scioperato contro l’esternalizzazione della produzione a cooperative esterne. «Stavolta tocca a un reparto di Villasanta, si tratta della gestione di una camera bianca. Stanze speciali dove grazie all’impiego di particolari tecnologie si tagliano i salumi in atmosfera protetta – spiega Federica Cattaneo, segretaria generale della Flai-Cgil Monza e Brianza –. È l’ennesimo pezzo importante di processo che viene ceduto, temiamo le ricadute sull’occupazione". I sindacati hanno chiesto e ottenuto dalla proprietà un incontro per "discutere di quello che sta succedendo e soprattutto di piano industriale", il tavolo è convocato per domani, ma "l’azienda nel frattempo non ha rimandato l’operazione. Un fatto grave". Così, ieri nei tre siti brianzoli di Arcore, Villasanta e Biassono, sede storica del produttore del Gran Biscotto, dove è stato organizzato un presidio, le linee si sono fermate. Stop anche nella fabbrica emiliana di Felino, la quarta del gruppo, in tutto gli addetti sono 430. "I reparti dove si disossa sono già stati terziarizzati", ricorda Stefano Bosisio, segretario generale Fai-Cisl Monza Brianza Lecco.

«Con questa nuova uscita si colpiscono direttamente le lavoratrici e i lavoratori e anche la rappresentanza sindacale. Avevamo chiesto di congelare l’appalto. Rovagnati – sottolinea il segretario – non vuole ascoltare e confrontarsi per trovare soluzioni condivise". "I dipendenti hanno contribuito alla crescita e alla fama di questo marchio e non vogliono essere messi da parte. Un’impresa di questa portata deve investire sulle risorse interne, non può perdere professionalità preziose". Secondo i sindacati è proprio il personale l’ingrediente che ha consentito all’azienda nata negli anni Quaranta come piccola realtà locale di vendita di formaggi di trasformarsi in un gigante fra i più importanti dell’agroalimentare. Un nome diventato famoso anche al di fuori dei confini nazionali, in Francia, Belgio, Germania, Irlanda e Stati Uniti, con un fatturato di 300 milioni di euro l’anno. «Una storia lunga 70 anni che oggi sceglie di rivolgersi all’esterno – conclude Federica Cattaneo –. Per questo motivo crediamo sia urgente discutere di prospettive. Vogliamo capire dall’aziendea che intenzioni hanno per il futuro".