Verso il colpo di spugna. Offerte sempre vincenti per gli appalti anti cancro

Nessuno rinuncia alla prescrizione nel processo sulla presunta turbativa d’asta per la fornitura agli ospedali dei macchinari Elekta: l’azienda è parte civile.

Nessuno rinuncia alla prescrizione per la presunta turbativa d’asta di appalti per 27 milioni di euro sulla fornitura di macchinari per la cura del cancro. È il colpo di grazia inferto al processo al Tribunale di Monza che vede ben 26 imputati a vario titolo per un’inchiesta della Guardia di Finanza che nel 2015 aveva portato a 4 arresti e che da Milano era tornata per il giudizio a Monza per competenza perché tutto è partito dalla Elekta spa, multinazionale svedese con sede operativa ad Agrate Brianza. Al processo sono parti civili, oltre a Elekta stessa, Istituto nazionale dei tumori di Milano, Policlinico San Matteo di Pavia, Azienda sanitaria di Lecce, Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni e altre ancora. A fare partire l’inchiesta una email che parlava di accordi con i manager della Elekta per una gara d’appalto per circa 2 milioni di euro dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano per un acceleratore lineare per radioterapia, trovata da uno dei responsabili della gara, che aveva presentato una denuncia. Secondo l’accusa, l’azienda agratese era in grado di presentare offerte "perfette" circa i requisiti tecnici richiesti per le forniture degli apparecchi medici quindi, anche se non erano le più vantaggiose economicamente, riuscivano a sbaragliare la concorrenza. Nessuna prova di tangenti (ovvero passaggi di denaro), infatti l’accusa di corruzione non è contestata, bensì un sistema escogitato di "ricompense" sotto forma di borse di studio finanziate da Elekta ed erogate dagli istituti e dagli ospedali e inviti a partecipare a convegni. Un sistema per fare leva anche sulla collaborazione degli appaltanti, disposti secondo l’accusa a mostrare le offerte per gli appalti presentate dai concorrenti perché potessero venire sistemate attraverso simulazioni. Accuse negate dagli imputati. "Ci occupavamo di macchinari da cui dipende il trattamento di pazienti oncologici e il loro funzionamento e la loro manutenzione non sono come quelle di un televisore – sostengono gli accusati –. Elekta era nota proprio per la sua assistenza capillare al cliente e le strutture sanitarie interessate erano quasi in tutta Italia. In alcune strutture si trattava anche di reparti del tutto nuovi e quindi era necessario accompagnarli nell’utilizzo di questi macchinari". Ma nessuno rinuncia al colpo di spugna giudiziario perché convinto di ottenere una sentenza di assoluzione. Anche se la difesa di alcuni, in prima istanza, ha chiesto il proscioglimento quantomeno per insufficienza di prove. Si torna in aula a febbraio, quando si scoprirà cosa resta in piedi del processo relativamente quantomeno ai promotori.