Gemma Bellincioni, il soprano “monzese” che conquistò il mondo e... gli uomini

Femminista ante litteram , pretendeva ingaggi pari a quelli maschili, si innamorò di un tenore già sposato e andò a viverci sfidando la società

Gemma Bellincioni

Gemma Bellincioni

Monza, 13 giugno 2021 "Quando debuttai al Teatro Nuovo di Napoli, avevo sedici anni e tre mesi… bella età!... Avendo la prima donna piantato in asso – quasi alla vigilia dell’apertura del teatro – l’impresa, io, con un toupet da sbalordire, salvai la situazione rimpiazzandola, evitando così la minacciata catastrofe". Inizia così, quasi per caso, la straordinaria carriera – da Monza ai migliori teatri del mondo – di Gemma Bellincioni, soprano fra i più noti a cavallo fra Otto e Novecento. Nata il 18 agosto 1864 ca Monza on il nome di Matilda Cesira Bellincioni, figlia di cantanti lirici, calcò le scene per la prima volta già all’età di sei anni. Una bambina prodigio, prima che la famiglia saggiamente decidesse di tenerla a freno e lasciarla crescere con calma assicurandole solidi studi in Collegio a Monza. Gemma, come era soprannominata, mordeva il freno, però. Presa sin da bambina dalla smania di calcare le scene e di esibirsi, "il giorno erano le lezioni con la mamma, e quando mi trovavo sola, tutta una visione di arte occupava le mie ore… i miei giochi prediletti erano le rappresentazioni: recitavo anche sola, quando non trovavo compagne. L’arte era il mio culto" racconta nella sua autobiografia (“Io e il palcoscenico (Trenta e un anno di vita artistica)”, Milano – 1920). Le compagne, estenuate dalla sua inesauribile verve, la soprannominano “la pazza”. A 16 anni, il debutto a Napoli.

"Non fu cosa facile persuadere la mamma, che gridando e strepitando si opponeva al mio debutto prima che i miei studi fossero compiuti… Ma il babbo si lasciava intenerire facilmente, e io fremevo di far la prima donna!... Mi sentivo capace di demolire le Piramidi… figuriamoci se un pubblico poteva farmi impressione!". Il pubblico va in visibilio. "Fu un successone!... Una prima donna di sedici anni non si vede tutti i giorni".

Da quel giorno la strada di Gemma Bellincioni è tracciata. Le scritture non mancano, sempre più importanti. Nell’autunno del 1881 per Giuseppe Verdi fa “Un ballo in maschera” a Verona. Una tournée fra Spagna e Portogallo fa conoscere anche all’estero le sue qualità. Oltre che per la sua voce, Gemma si fa particolarmente apprezzare anche per le capacità di attrice e la presenza scenica: "dotata di gambe che fecero epoca", l’artista monzese dimostra sin da subito temperamento e faccia tosta da vendere.

Mano a mano che la sua fama cresce, pretende di essere trattata, anche dal punto di vista economico, alla pari degli uomini, fatto ancora abbastanza inconsueto. Durante una tournée in America Latina, incontra il tenore Roberto Stagno (1840-1897). Gemma ha 21 anni e s’innamora. Lui, decisamente più stagionato. Scocca l’amore, anche se la convivenza non sarà facile. Oltre alla differenza d’età, l’uomo ha moglie e sei figli a Palermo, tanto che la stessa madre di Gemma prova a opporsi (invano) a questa unione.

La coppia si stabilisce a Livorno, acquista una magione che chiamano Villa Bianca in onore della figlia, nata il 23 gennaio 1888 a Budapest, durante una trasferta di lavoro.

Gemma ama per tutta la vita il compagno. Un amore travolgente e, come scrive la Bellincioni, "undici meravigliosi anni di vita artistica e sentimentale in comune".

Le feste a Villa Bianca diventano memorabili, ospiti più illustri personaggi della vita civile e musicale d’Italia. Donna generosa, Gemma non dimentica le origini umili e organizza feste per i contadini del contado, con lotteria e generosi premi in denaro per le ragazze che vogliono sposarsi. Gemma e Roberto invece non si sposeranno mai.

Intanto era arrivata la definitiva consacrazione sulle scene: nel 1886 alla Scala di Milano viene allestita la Traviata di Verdi e il pubblico si innamora della “sua” Violetta. Un’interpretazione innovativa, "la Bellincioni, con audace modernità di accenti, restituisce alla patetica creatura di Dumas la sua primitiva essenza umana, in virtù di una totale e penetrante partecipazione emotiva al personaggio" nota Umberto Pessina, critico e docente di musica, diplomato in contrabbasso al Conservatorio. "Giuseppe Verdi la ascolta, ne resta turbato e diventa subito un estimatore delle qualità di attrice della Bellincioni" aggiunge Pessina. "Era una donna spregiudicata, una forza della natura". Sono parecchi i compositori che dimostrano di apprezzarla: nella Cavalleria Rusticana di Mascagni “crea” per prima il ruolo di Santuzza. Massenet piange commosso quando la sente cantare. Con Giacomo Puccini il rapporto è speciale. Proprio quest’ultimo a Monza aveva vissuto i suoi anni più duri, rintanato con la sua amante in un minuscolo appartamentino in corso Milano, a patire freddo e miseria. Ad aiutarlo, fu sovente proprio la famiglia di Gemma, trovandogli serate in cui suonare nelle ville dei ricchi brianzoli. Puccini non dimentica e, ormai raggiunto il successo, tornerà più volte a Monza per fare delle scampagnate con gli amici di un tempo: i pittori Pompeo Mariani, Mosè Bianchi, Emilio Parma. E Gemma Bellincioni. Che sia femminista ante litteram (fu amica della rivoluzionaria Anna Kuliscioff) lo dimostra anche a Madrid, dove si trova a mettere in scena un Barbiere di Siviglia tutto al femminile. In cui lei e una collega interpretano tutti i personaggi, uomini compresi! Roberto Stagno, sofferente a reni e cuore, muore il 26 aprile del 1897, a 57 anni, a Genova. Gemma lo farà seppellire a Livorno, nel piccolo cimitero di Montenero, vicino alla loro amata Villa Bianca. Si avvicina il momento di ritirarsi dalle scene. Gemma non sceglie un ruolo comodo, ma decide di cimentarsi con un personaggio e un’opera nuovi, fuori dagli schemi: Salomè, di Richard Strauss. Per la prima italiana a Torino arriva a dirigere lo stesso Strauss (chiamato dalla Bellincioni!). Momento culminante dell’opera, è la Danza dei Sette Veli, con la quale Salomè seduce Erode. Dovrebbe interpretarla una ballerina, mentre il soprano si limita – si fa per dire – a cantarla. Ma la Bellincioni stupisce tutti: vuole essere lei stessa a danzare, e insieme cantare. Due giorni prima di andare in scena, Gemma appare stremata. E ci si chiede chi può sostituirla almeno nel canto per l’ultima prova, mentre lei danzerà.

"Canterò io per la signora Bellincioni", risponde Strauss a sorpresa. La prova va. Poi la Bellincioni viene convinta a bersi quasi una bottiglia di Porto e a riposare. La première ha un successo strepitoso. La Bellincioni porterà in giro l’opera per 110 repliche. È il suo addio. Dopo l’abbandono delle scene nel 1911, Gemma Bellincioni insegnerà a lungo. Tornerà a cantare soltanto durante la Prima guerra mondiale, per i soldati al fronte.

Fonda una propria casa cinematografica, con la quale produce 11 film. Il 23 aprile 1950, muore a 85 anni vicino a Roccabelvedere (Napoli). A Vidor, a una trentina di chilometri da Treviso, esiste una Scuola Superiore di Canto dedicata a Gemma Bellincioni. A Roma esiste una Via Gemma Bellincioni. A Monza invece nulla. Sarebbe il caso di provvedere.