Ricorso in Cassazione: killer del tallio, ultimo atto

La pubblica accusa si oppone all’assoluzione per infermità mentale. Il 25 febbraio in aula, ma le parti civili attendono ancora le motivazioni

Mattia Del Zotto nei giorni del processo di primo grado

Mattia Del Zotto nei giorni del processo di primo grado

di Stefania Totaro

La Corte di Cassazione ha fissato al 25 febbraio l’udienza finale per il killer del tallio dopo il ricorso presentato dalla pubblica accusa contro l’assoluzione. Ma i difensori delle parti civili non ne conoscono ancora le motivazioni perché non hanno ricevuto dalla Procura generale la notifica dell’impugnazione, che risale a 10 mesi fa. È stata la stessa procuratrice generale facente funzioni, Nunzia Gatto, a opporsi alla sentenza della Corte di Assise di Appello di Milano nei confronti di Mattia Del Zotto, il 28enne ragioniere disoccupato di Nova Milanese che ha avvelenato attraverso le bottiglie di acqua minerale i parenti, uccidendo i nonni e una zia paterni e mandando in ospedale altri due zii, i nonni materni e la badante. Il ricorso è stato presentato lo scorso dicembre, ma soltanto l’imputato, ristretto in una residenza psichiatrica perché ritenuto socialmente pericoloso dopo l’assoluzione per infermità totale di mente, ha ricevuto la notifica, informando il suo difensore. Mentre i legali delle parti civili, la zia sopravvissuta al tallio, Laura Del Zotto e il marito, nonché il figlio di Patrizia Del Zotto (morta insieme ai genitori) e la badante, hanno ricevuto soltanto la notifica dell’udienza fissata davanti alla Cassazione ma non quella della Procura generale, quindi di fatto non conoscono i motivi del ricorso. Mattia Del Zotto è stato assolto per infermità mentale totale dalla giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Patrizia Gallucci nel processo con rito abbreviato. La Procura di Monza aveva deciso di presentare ricorso in appello contro la sentenza di primo grado, chiedendo che il 28enne venisse sottoposto a una quarta perizia psichiatrica, ma questa volta da parte di un pool di esperti. Per l’imputato di omicidio volontario premeditato plurimo e lesioni personali gravi plurime il pm Carlo Cinque aveva chiesto l’ergastolo, dopo che la perizia psichiatrica da lui disposta aveva concluso (a differenza di quella disposta dalla difesa dell’imputato) che il giovane risultava soltanto parzialmente infermo di mente.

Era pazzo quando ha deciso di fare fuori i familiari, ma sano di mente quando ha pianificato come mettere in atto il suo piano. Nel processo con il rito abbreviato la gup aveva quindi disposto una perizia d’ufficio, la terza, secondo cui il 28enne è affetto da "disturbo delirante" per cui "ha conservato una certa capacità di intendere, ma privato del tutto della capacità di volere". Nel ricorso di secondo grado la Corte di Assise di Appello di Milano ha respinto il ricorso della Procura, confermando in toto la sentenza di primo grado. Nessun risarcimento dei danni finora per le parti civili.