Omicidio Seveso, il pm ascolta le amiche di Elizabeth

Solo loro possono fare chiarezza sui rapporti tumultuosi tra Elizabeth e l’ex compagno trasformatosi nel suo assassino

Elizabeth Huayta Quispe e Vittorio Vincenzi

Elizabeth Huayta Quispe e Vittorio Vincenzi

Seveso (Monza e Brianza), 1 dicembre 2016 - Le amiche di Elizabeth chiamate in Procura per fare luce sul rapporto tra la donna peruviana e il compagno che l’ha uccisa. Sono state interrogate ieri dalla pm monzese Giulia Rizzo le ex compagne di scuola superiore di Elizabeth Huayta Quispe, la peruviana di 29 anni che proprio una settimana fa è stata strangolata dal compagno Vittorio Vincenzi, 56 anni, da cui ha avuto due figli di 1 e 3 anni, nella loro abitazione in piazza Mazzini a Seveso. L’amicizia tra le tre donne e la vittima era proseguita anche dopo la scuola e una di loro ha sentito al telefono Elizabeth la sera stessa in cui la donna è stata uccisa.

"Quanto è cattivo, lo odio", aveva rivelato all’amica la 29enne, arrabbiata perché era il giorno del primo compleanno della figlia secondogenita il compagno era stato fuori tutto il giorno con i bambini e tardava a tornare a casa, dove la peruviana aveva preparato la festa e la torta per festeggiare la bambina. Dalla ricostruzione delle telefonate fatte dalla vittima i carabinieri sono risaliti ai nominativi delle amiche di Elizabeth e la pm ha deciso di sentirle prima che Vittorio Vincenzi chieda di venire interrogato.

L’uomo, che si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dalle sevizie, dopo la convalida dell’arresto decisa dal gip del Tribunale di Monza Patrizia Gallucci, si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice, su consiglio dei suoi difensori, gli avvocati Ennio Amodio e Massimo Bassi. Ma ha già annunciato la sua intenzione di chiedere di essere interrogato dalla pm titolare dell’inchiesta, dopo avere preso visione dei documenti delle indagini, per chiarire la sua posizione. Il 56enne ha confessato di avere strangolato dopo l’ennesimo violento litigio la compagna con cui viveva da “separato in casa” perché "non riusciva più a sopportarla", ma nega di avere premeditato il delitto e di avere usato sevizie sulla donna. Aggravanti contestate dalla Procura per il fatto di avere messo un armadio davanti alla cucina per impedire al figlio di 3 anni ancora sveglio di raggiungerli e per avere immerso la testa della donna in una pentola di acqua bollente "per essere sicuro che fosse morta" provocandole ustioni al volto. Vittorio Vincenzi sostiene invece che lo spostamento dell’armadio è avvenuto dopo il delitto e che l’acqua nella pentola non era calda. Circostanze che verranno chiarite dagli esiti dell’autopsia eseguita lunedì sul corpo della donna, che ora verrà restituito ai genitori la cui intenzione è di ottenere l’espatrio della salma per riportare la figlia in Perù per il suo ultimo viaggio.