"No alla repressione Serve educazione..."

Il comune individua baby vandali e si metteb in contatto con le famiglie "per aiutarli a risalire la china insieme"

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di Barbara Calderola

Ragazzi afferrano gli estintori e spaccano la palestra. Oppure, i giochi al parco Manzoni di Omate. Grazie alle immagini delle telecamere il Comune riesce a salire alla loro identità: non solo per punirli, "ma per aiutarli a risalire la china a fianco delle famiglie". Contattati, i genitori, prima increduli, poi consapevoli, si sono messi a disposizione. Protagonisti della storia, una decina di studenti delle medie "è il conto salatissimo della pandemia – dice il sindaco-professore – e loro rischiano di essere i soli a pagarlo".

Per Simone Sironi gli ultimi episodi di vandalismo in città "sono lontani dai fatti di Milano e dalla baby-gang, ma rappresentano senza dubbio la spia di un malessere che c’è anche qui e che non possiamo ignorare. Ecco perché abbiamo deciso di avviare un percorso condiviso con gli adulti". E’ il cuore del "modello Agrate", la formula che il Comune ha scelto per combattere gli effetti deleteri del lockdown e della didattica a distanza.

La filosofia è presto detta: "Marchiare non serve, dobbiamo recuperare", ripete il primo cittadino convinto che il cambiamento negli stili di vita abbia inciso pesantemente sui comportamenti degli adolescenti: "La fascia più in crisi da noi". Una visione che ha aperto una breccia nel cuore di mamme e papà alle prese con mille difficoltà fra smart-working e conflitti esplosi fra le mura domestiche con la crisi sanitaria. Ansie, fobie, disturbi alimentarie e del sonno nel long Covid dei minori, e questo è l’aspetto privato, intimo, "poi c’è quello ‘sociale’ legato al gruppo e alla rabbia ed è anche su questo che vogliamo lavorare. Credo che tutti dobbiamo farci carico di questa situazione senza puntare l’indice. La repressione da sola non basta – dice il sindaco -. Serve educazione e tutti dobbiamo contribuire". Due fenomeni legati, sui quali gli stessi genitori sono più attivi che in passato. Più della metà di richieste d’aiuto a psicologi e servizi pubblici arriva proprio dalle famiglie mentre prima la percentuale era molto inferiore.

Del resto, anche gli adulti hanno dovuto modificare radicalmente le proprie abitudini di vita e gestire i figli durante i momenti più difficili dell’epidemia, oltre alla situazione complessiva e la novità del lavoro a casa, "un complesso di trasformazioni che ha causato un sovraccarico di fatica che si sconta". E gli effetti sui più giovani sono evidenti.