STORIE DI BRIANZA - "Giudice, mia moglie mi ha fatto il malocchio"

L’incredibile vicenda che occupò l’aula della Pretura di Monza più di cinquant’anni fa, con un uomo violento, geloso e... superstizioso

Magia

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Monza, 17 gennaio 2021 - Quella relazione era nata male e male era destinata a proseguire. Tanto da concludersi con una sentenza che oggi farebbe probabilmente storcere il naso a molti. Al centro della vicenda un uomo dall’indole violenta e afflitto da manie persecutorie ai limiti del ridicolo. Ai limiti di una commedia di Lino Banfi. Anche se la sua povera moglie sicuramente non ci trovava nulla da ridere. La faccenda accade alla fine degli anni Sessanta. Protagonisti due coniugi sulla quarantina, entrambi originari del Sud, ma da qualche tempo trapiantati in Brianza.

Il marito in realtà a casa non c’è quasi mai, dato che per esigenze lavorative è costretto a vivere in Svizzera, come molti Italiani, per raggranellare i soldi necessari a sfamare la sua numerosa famiglia che, pur creata relativamente da pochi anni, conta già cinque bocche da sfamare. Il padre riesce a spedire a casa ogni mese trentamila lire, con i quali la donna – a prezzo di grandi economie e sacrifici – riesce a mandare avanti la baracca, grazie anche all’aiuto di un fratello, titolare di una piccola azienda. 

Il marito, per tanto tempo lontano da casa, cova però evidentemente un misto di rancore, sospetti e gelosia che avvelenano la sua vita e soprattutto quella della sua famiglia. L’incubo prende concretezza quando il marito, forse roso già dalla gelosia, decide di lasciare il lavoro oltre confine e di tornare a casa. A dargli una mano ci pensa all’inizio il fratello della moglie, che gli procura un lavoro nella propria azienda, con uno stipendio superiore – pare – a  quello che aveva percepito sino a quel momento in Svizzera.

Il ritorno a casa però non si rivelerà una buona scelta. Il marito ha altro in testa. Trascorsi pochi mesi in Brianza, l’uomo – a sentire quanto racconterà la moglie in Tribunale – prende a picchiarla di frequente, arrivando persino a minacciarla con un coltello da cucina. Una violenza inaccettabile, aggravata dalla giustificazione – si fa per dire – che il marito fornisce alla vittima: "Tu hai stregato mio padre – urla a più riprese – e ora stai stregando anche me". Impossibile sapere da cosa fosse sorto questo sospetto.E non sono parole campate in aria, almeno nella sua testa, tanto che il marito arriva addirittura a ingaggiare un presunto mago, un ciarlatano, incaricato di liberare l’uomo del “malocchio” che ritiene la moglie abbia gettato su di lui. E chissà perché in precedenza anche sul proprio padre.

Non è finita qui. L’uomo, in preda a una mania sempre più delirante, arriva addirittura per parecchio tempo a rifiutare di mangiare le pietanze cucinate dalla moglie, convinto che dentro potrebbe essersi qualche misteriosa pozione fatale per lui. "Diceva sempre che volevo fare una stregoneria contro di lui" racconta la donna quando viene interrogata in Tribunale. L’epilogo di questa assurda vicenda si consuma infatti per vie legali, quando un giorno la donna esasperata e spaventata fugge da casa. Anche se in realtà non va lontano, ma trova rifugio in casa di alcuni parenti poco lontano da quella di famiglia.

Comunque quella sera, al suo ritorno a casa dal lavoro, l’uomo non trova più la moglie e si dirige difilato alla caserma dei carabinieri, dove denuncia la donna per abbandono del tetto coniugale. Alcuni giorni più tardi in caserma si reca però anche il cognato a raccontare come stanno davvero le cose e a denunciarlo: se la sorella è stata costretta a fuggire – sostiene – si deve ai continui maltrattamenti patiti a opera del marito. Addirittura, ignaro della sorte della congiunta, il fratello arriva a ipotizzare che sia stata uccisa dall’uomo o che quest’ultimo l’abbia segregata in cantina e la tenga prigioniera.La situazione si fa dunque sempre più complessa, finché in caserma non arriva

la stessa donna a fornire la propria versione dei fatti e a tranquillizzare allo stesso tempo sul fatto che nessuno l’ha fatta sparire. E anche lei, a sua volta, decide di presentare una denuncia-querela, naturalmente nei confronti del marito.

Alla fine della vicenda giudiziaria alla Procura della Repubblica di Monza rimane un malloppo di denunce e controdenunce entro cui districarsi. Il pm chiede innanzitutto al giudice istruttore di archiviare la prima denuncia, quella per abbandono del tetto coniugale. Rimangono però le due denunce a carico del marito, che viene rinviato a giudizio per maltrattamenti. Davanti al giudice, l’uomo con la massima serenità conferma la propria tesi e, per quanto assurda, alla fine viene assolto… per insufficienza di prove. Viene invece rigettata la richiesta della pubblica accusa, che aveva invocato per lui la condanna a otto mesi di reclusione con benefici di legge. La vicenda giudiziaria termina così, non è dato di sapere cosa sia invece accaduto nel prosieguo della vita di quella famiglia.