Truffa del posto fisso: "Ho pagato 20mila euro per avere un lavoro in Ferrovia o in Posta"

Le vittime del raggiro sfilano in tribunale a Monza

L'avvocato Mongiu

L'avvocato Mongiu

Lissone, 20 giugno 2017 - "Ero disperata perché erano anni che cercavo un posto di lavoro. Così, quando la mia amica mi ha detto che potevo entrare nelle Ferrovie dello Stato, ma anche alla Banca di Italia o alle Poste, ho fatto conoscere le truffatrici a mio padre, che ha versato 20mila euro per me e anche per mio fratello".

Il forte desiderio di non essere più una ‘bambocciona’ ha fatto cadere un’altra famiglia nel presunto tranello di due donne residenti a Lissone, G.B.A. e A.M., che avrebbero attirato malcapitati e loro familiari conosciuti anche attraverso un’associazione per disabili che frequentavano. "Conosciamo donna Assunta Almirante e la sindacalista Susanna Camusso, in cambio di 20mila euro ti troviamo un posto di lavoro fisso", sarebbero andate in giro a dire le due donne, che ora sono imputate di truffa in un processo al Tribunale di Monza.

A denunciarle un quarantenne di Lesmo che, dopo avere seguito l’esempio di una sorella e uno zio, non solo ha versato nel 2013 la somma richiesta, ma si è pure licenziata dalla ditta dove lavorava in attesa di quell’impiego prestigioso nelle Ferrovie dello Stato che non è mai arrivato. La presunta vittima si è costituita parte civile al processo, che ieri è ripreso con la testimonianza di un’altra giovane. "Le due donne hanno voluto conoscere i miei genitori perché dissero che volevano assicurarsi che fossi una brava ragazza e avessi una famiglia solida - ha raccontato la ragazza -. Dopo un paio di incontri chiesero a mio padre 20mila euro dicendogli che doveva farlo per il mio futuro. Hanno preso soldi anche per mio fratello e per un suo amico. Sembrava una cosa reale, c’erano contatti telefonici e arrivavano telegrammi ma poi, dopo mesi e mesi di attesa, quando abbiamo visto che continuavano a rimandare, abbiamo chiesto i soldi indietro e le due donne sono sparite".

Il quarantenne parte civile ha già raccontato la sua odissea. "Mi arrivavano telegrammi di convocazione per il colloquio di lavoro e per la visita medica, ma poi, all’ultimo momento, me ne arrivavano altri di rinvio a nuova data per disguidi vari - ha dichiarato la parte civile in aula - Io intanto mi ero licenziato dall’azienda di Lissone dove lavoravo e per dare i soldi alle signore ho raschiato dal mio conto corrente la liquidazione e la tredicesima e nel frattempo avevo anche il mutuo per la casa da pagare". La situazione è andata avanti così un anno, finché l’uomo ha deciso di rivolgersi a un avvocato, Francesco Mongiu del Foro di Monza, che gli ha fatto firmare prima una raccomandata, che ha fatto improvvisamente sparire le signore e poi la denuncia. Le due imputate non si sono mai presentate al processo che, dopo la testimonianza di ieri, è stato rinviato per la discussione a meno che, a sorpresa, le due donne decidano di sottoporsi all’interrogatorio da parte del giudice monocratico Angela Colella e delle altri parti.