La storia di Anzani: il monzese che inventò il motore della prima trasvolata sulla Manica

Fu il primo campione mondiale di motociclismo ma anche inventore e imprenditore di incredibile genialità

Studenti in visita al motore di progettato da Alessandro Anzani

Studenti in visita al motore di progettato da Alessandro Anzani

Fino a qualche tempo fa era ancora vivo al quartiere San Biagio, non lontano dal centro, il ricordo di una vecchia fabbrica. A fondarla era stato un personaggio geniale, autodidatta, un pioniere, che aveva intrecciato la propria vita a quella di Monza.

Si chiamava Alessandro Ambrogio Anzani ed era nato a Gorla, alla periferia di Milano, il 5 dicembre del 1877. Umili origini, figlio di un riparatore di macchine per cucire, ancora bambino era stato mandato a Monza, dove a crescerlo erano stati gli zii materni e dove aveva cominciato a dare una mano nella loro officina di vendita e riparazione di biciclette.

Anzani

Alessandro Anzani è curioso, è intelligente. Impara. Si appassiona di ciclismo e decide di costruirsi da solo la prima bicicletta. Segue tutte le gare in Lombardia e a Milano si imbatte in un ciclista professionista francese, Gabriel Poulain.

Fanno amicizia, Anzani ha parecchie idee per migliorare la sua bicicletta e nel 1900 decide di seguirlo in Francia, a Saint-Nazaire. Senza il becco di un quattrino Anzani è pronto però a dare una svolta alla propria vita. A 23 anni, prova a cimentarsi pure lui in pista, ma non è un campione.

Dietro i pedali, però, ha molto da dire e si concentra sulla velocità, la sua vera fissazione. Con un’idea in testa: il motore a scoppio. Approda a Parigi, alla “Buchet”, importante casa automobilistica che produce motori per le competizioni.

Brucia le tappe, Anzani. E oltre alle sedute in officina fa pratica e si mette a girare in pista in moto. Inizia a gareggiare: nel 1905 si iscrive al Championnat du Monde de moto con una Alcyon dotata di motore monocilindrico Buchet da 330 centimetri cubici.

Un motore che gira a mille, 100 chilometri orari la sua velocità di punta: non ci era mai riuscito nessuno, è un record. Qualche settimana più tardi, il 13 luglio, al velodromo di Zurenborg, in Belgio, Anzani vince e diventa il primo campione del mondo nella storia del motociclismo.

È fatta. Le prima pagine dei giornali sono tutte sue. Gli affibbiano anche un nomignolo: le “Démon de la carburation”. Il “Diavolo della carburazione”. Nessuno allestisce i motori come lui. Ma ad Anzani i quattrini servono ad altro: a costruire un altro laboratorio ad Asnieres, alla periferia di Parigi. I motori sono sempre in cima ai suoi pensieri, prova a cimentarsi anche nell’aviazione e nella nautica. Nel 1907, in segreto e senza annunci, mette a punto un idrovolante innovativo, l’idroscivolante. Lo chiama “Nautilus”, in omaggio al romanziere Jules Verne, di cui è grande lettore.

I test sono un successo e fanno da apripista ai futuri idrovolanti. Il suo gruzzolo cresce. E lo spinge ad aprire un’azienda più grande, a Parigi. A 30 anni, Alessandro Anzani è ormai ricco e famoso, ma ha ancora fame. E dà alla luce il primo motore a tre cilindri. Potente e leggero. Serve solo una grande impresa per consegnarlo alla Storia. Scopre che un pilota francese, Louis Blériot, sta lavorando per effettuare la prima trasvolata della Manica ma gira a vuoto.

Anzani decide di parlargli e gli propone il suo nuovo motore a tre cilindri. Il monoplano di Blériot monterà il suo speciale motore tricilindrico radiale a W. Che ha un vantaggio: invece che ad acqua, il sistema di raffreddamento è ad aria. E quindi è più leggero. Blériot ci sta ma non ha i soldi per pagare il motore. Anzani supera il problema con una proposta: se riusciranno nell’impresa, divideranno il premio in palio. Mille sterline. I due si trasferiscono a Calais, dove mettono a punto l’aereo. Il giorno della partenza, Blériot però tentenna. C’è nebbia. Anzani gli forza la mano: se non parte, pretende l’immediato pagamento del motore. Gli animi sono tesi, ma Blériot alla fine capitola. E il 25 luglio 1909 la Manica viene “conquistata” con un volo di 32 minuti. Seguono onore e gloria, anche se Blériot non pagherà mai il motore. Anzani trarrà comunque enormi vantaggi dalla trasvolata, visto che a quel punto per i suoi motori vengono acquistati a mani basse in Francia e Inghilterra.

Si ritira dagli affari soltanto dopo la Seconda guerra mondiale, quando capisce che la sua era è finita. Resterà in Francia fino alla fine dei suoi giorni, senza però mai rinunciare alla cittadinanza italiana. Lo spiega ai giornali: "Non si rinuncia al proprio Paese; anche se debbo alla Francia tutta la mia ricchezza".

Mai sposato ma padre di diversi figli, si lascia cullare sino all’ultimo respiro dal rombo dei motori che aveva tanto amato. Si narra che le sue ultime parole, rivolte alla sua infermiera il 24 luglio del 1956, nella sua casa di Merville-Franceville, vicino a Caen, siano state: "No, non chiudere la finestra. I rumori dei motori non mi disturbano".