Icar, cento lettere di licenziamento

L’agonia della gloriosa fabbrica termina il 27 giugno con il fallimento e la fine della cassa integrazione

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di Martino Agostoni

Termina il 27 giugno nel peggiore dei modi la crisi della Icar spa di via Isonzo: fallimento, fine della cassa integrazione e licenziamento dell’ultimo centinaio di lavoratori, soprattutto donne, rimasti dopo oltre 1 anno dalla messa in liquidazione della società.

Le lettere di licenziamento sono partite in questi giorni e segnano la fine di un’azienda storica di Monza specializzata nella progettazione e costruzione di condensatori, avviata nel 1946 e arrivata ad avere oltre 200 dipendenti con anche la sede minore a Villa d’Adda in provincia Bergamo con una trentina di impiegati. A novembre 2020 c’è stato l’inizio della crisi, quando la famiglia Castellini, proprietaria della Icar spa, ha annunciato di aver avviato la procedura di messa in liquidazione e ha dato incarico ai liquidatori di gestire l’operazione con la prospettiva di far cessare l’attività. Una comunicazione a cui i lavoratori avevano risposto con uno sciopero e l’apertura di un confronto sindacale portato avanti dai delegati di Fim Cisl e Fiom Cgil di Monza e Brianza mirato soprattutto a favorire una soluzione che potesse dare continuità alla produzione, con l’acquisizione dell’attività da parte di altre imprese perché "la Icar aveva ancora delle commesse importanti nel settore medicale, come quella per realizzare i defibrillatori della Philips, c’era la possibilità di salvare almeno una parte dell’attività – spiega Gabriele Fiore di Fim Cisl Monza e Brianza – ma invece c’è stato disinteresse da parte della proprietà che ha scelto la dismissione di tutto. La ricerca di soggetti che potessero rilevare l’attività non si è concretizzata e il 27 giugno finisce tutto e si va in tribunale per la procedura di fallimento". Il 27 giugno termina la cassa integrazione avviata un anno fa per i dipendenti della Icar e lo stesso giorno c’è il licenziamento. Dalla fine del 2020 dei circa 200 lavoratori, di cui circa 160 della sede di Monza, la metà - soprattutto i giovani e il personale più qualificato - è riuscita ad essere ricollocata e a trovare altri impieghi mentre per gli altri sono partiti gli ammortizzatori sociali. Sono un centinaio i dipendenti Icar che restano a casa, avranno diritto a 2 anni di indennità di disoccupazione Naspi, e sono soprattutto donne con più di 40 anni e personale non specializzato.

"Stiamo lavorando per la ricollocazione – prosegue il sindacalista – Sono partiti con Afol dei percorsi di formazione per dare supporto nel trovare nuove possibilità di impiego, ma non sarà facile. Dall’inizio della crisi aziendale chi ha potuto se n’è andato, un centinaio di ex lavoratori è riuscito ad andare in altre aziende, ma chi invece è rimasto ha profili più difficili per essere ricollocati. Purtroppo - conclude Fiore - la Icar finisce nel modo peggiore perché c’era possibilità di salvare qualcosa e invece si è voluto solo arrivare a chiudere tutto". E dopo il 27 giugno la vicenda Icar si chiuderà in tribunale, con la procedura di fallimento da cui i lavoratori attendono i pagamenti dei Tfr e degli ultimi stipendi non versati.