Fatture false, il silenzio degli indagati

Operazione “Ironfamily”: per la prima volta in questo tipo di inchieste nelle triangolazioni compaiono anche società della Cina

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di Stefania Totaro

Non aprono bocca gli indagati per il presunto traffico di fatture false per imprese del centronord e il giro di autoriciclaggio da 57 milioni di euro verso compiacenti società estere, tra cui per la prima volta in questo genere di inchieste appare anche la Cina.

Soltanto due accusati di reati minori non si sono avvalsi della facoltà di non rispondere all’interrogatorio di garanzia davanti al gup del Tribunale di Monza Giovanni Gerosa dei 12 destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere dell’operazione denominata “Ironfamily” (dal coinvolgimento della famiglia Ricco, rottamai da generazioni a Desio, con l’arresto di quattro fratelli) in cui i pm della Procura di Monza Salvatore Bellomo e Sara Mantovani ipotizzano il reato di associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio.

Sono invece 85 complessivamente le persone iscritte nel registro degli indagati, in oltre due anni di inchiesta da parte della guardia di finanza di Seregno, partita dopo un controllo effettuato presso l’azienda di Desio, segnalata per operazioni anomale.

Un’indagine apparentemente come tante altre sul sistema ormai consolidato delle false fatturazioni che permettono alle aziende anche in Brianza di triangolare, attraverso società soprannominate ‘cartiere’ perché vengono appositamente create per questo scopo, documentazione fiscale allo scopo di evadere le tasse e spostare ingenti capitali all’estero per poi farli ritornare clandestinamente indietro per essere redistribuiti tra i personaggi di queste organizzazioni criminali di ‘colletti bianchi’.

La grossa differenza con le precedenti inchieste e l’inquietante evoluzione di questo sistema di evasione fiscale è che la destinazione dei soldi ‘sporchi’ non sono più i cosiddetti ‘paradisi fiscali’ in Paesi esotici e neanche la triangolazione con la Svizzera e il Regno Unito, ormai bruciati dai controlli.

Ma l’ingresso di nuovi Paesi in Europa, come Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Slovenia, Spagna e Ungheria ma soprattutto il coinvolgimento di società della Repubblica Popolare Cinese, che recentemente si sarebbero aperte a questi presunti traffici illeciti.

Nel caso concreto di questa indagine il sistema fraudolento prevedeva: emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di imprese italiane fittizie, saldate (dai “clienti” utilizzatori delle fatture) con pagamenti a società ‘cartiere’; bonifico degli importi ricevuti a imprese estere cinesi o della Repubblica Ceca e infine prelevamenti in contanti dai conti esteri e successivo trasporto per il rientro in Italia, mediante corrieri, delle provviste di denaro, al netto della “commissione” per l’illecito servizio di “schermo fiscale” reso (pari al 2% di ciascuna transazione) che costituiva la remunerazione del rottamaio di Desio e dei suoi familiari per complessivi 1,1 milioni di euro.