Monza, in mensa la dieta della Dad: il Covid taglia gli stipendi

La Fisascat Cisl: meno pasti significa meno lavoro, in difficoltà 150 addetti. Problemi anche per il personale delle Rsa alle prese col rinnovo del contratto

La didattica a distanza ha alleggerito le buste paga degli addetti alle mense

La didattica a distanza ha alleggerito le buste paga degli addetti alle mense

Monza - Il Covid, i contagi a scuola a effetto domino tra studenti e insegnanti e la didattica a distanza forzata che riduce, di fatto, le ore di lezione e taglia pure gli stipendi. Perché meno studenti in classe vuol dire meno ‘coperti’, quindi meno lavoro per gli addetti delle mense scolastiche. "In alcuni istituti la quota degli studenti presenti è calata della metà. Così, a un minor numero di studenti, corrisponde un più contenuto numero di pasti preparati per le scuole materne, primarie e medie – la fotografia di Francesco Barazzetta, segretario generale Fisascat Cisl Monza Brianza e Lecco, sindacato del settore terziario, turismo e servizi –. Questa situazione ha ricadute anche sul personale scolastico. Meno pasti significa meno lavoro. Quindi è necessario sopperire al reddito di questi dipendenti che si ritrovano senza entrate". Soltanto a Monza "le lavoratrici e i lavoratori interessati sono circa 150. Stiamo parlando di addetti con stipendi a volte molto bassi, anche perché lavorano con contratti part-time. La quarantena può, dunque, incidere in maniera significativa sulla loro busta paga".

Ma c’è un altro fronte caldo che riguarda i lavoratori delle cooperative sociali finiti in prima linea durante i giorni più difficili della pandemia. Sono i dipendenti delle case di riposo, le badanti e gli educatori scolastici: alcune migliaia di persone in provincia che "hanno subito un forte impatto dall’emergenza sanitaria. Si pensi – sottolinea Barazzetta – allo sforzo supplementare prodotto dagli operatori delle residenze sanitarie assistenziali nei momenti più drammatici della pandemia, oppure all’impegno che le badanti hanno messo nell’opera di assistenza per proteggere i loro assistiti dal virus". Ecco , "per tutti questi lavoratori il contratto territoriale è scaduto da tredici anni – denuncia –. Sindacati e organizzazioni imprenditoriali si sono incontrati per discutere il rinnovo del contratto integrativo territoriale, ma non sono riusciti a trovare un’intesa. Comunque la firma del contratto nazionale delle cooperative sociali nel 2019 ha fatto registrare un rilancio delle trattative territoriali". Ma con l’avvento del Covid la trattativa ha subito un nuovo rallentamento. "Durante le diverse ondate di contagio abbiamo dovuto dare la priorità all’applicazione dei sostegni al reddito dei lavoratori, come la cassa integrazione. Ora, però, le trattative sono riprese: "Noi chiediamo un aumento medio mensile lordo di 280 euro, cifra che ci sembra adeguata per ricompensare i notevoli sforzi fatti in questi mesi dai lavoratori, tuttavia la controparte (Confcooperative, Lega Coop e Agc) ce ne offre solo 80. Continueremo a trattare".