di DARIO CRIPPA
Cronaca

Monza, l'imprenditore cinese e la casa di Bramini: "La prendo, rischiavo troppo"

Una volta venuto a conoscenza della dolorosa storia, Federico Zheng si era detto pronto a tirarsi indietro e a rinunciare all'asta

Sergio Bramini davanti alla sua casa

Sergio Bramini davanti alla sua casa

Monza, 14 aprile 2019 - "Sì, comprerò quella casa". Quoqhi Zheng, detto Federico Zheng, 40 anni, ha deciso di sciogliere ogni dubbio. Acquisterà effettivamente la villa di Sergio Bramini, l’imprenditore monzese diventato un caso nazionale dopo che era stato costretto a fallire nonostante avanzase crediti dalla pubblica amministrazione per oltre 4 milioni di euro.

Dopo una controversa e faticosa battaglia giudiziaria, il Tribunale fallimentare di Monza aveva deciso a suo tempo di requisire quella casa e di metterla all’asta. E se le prime aste erano andate deserte, nello scorso mese di novembre - a sorpresa - quella villa era stata assegnata all’imprenditore cinese Federico Zheng. Socio della catena di centri commerciali “999”, specializzati soprattutto in casalinghi - «ma io sono il titolare soltanto di quelli di Cassano d’Adda e Binzago» precisa - si era fatto ingolosire da quella incredibile possibilità: accaparrarsi una casa da 30 stanze, con finiture di pregio, parco, piscina riscaldata coperta e taverna, in vendita a una base d’asta così irrisoria A dire il vero, l’asta era stata dichiarata deserta dalla delegata alla vendita, visto che nessuno per ben due volte aveva risposto alla chiamata. Sulla scrivania della delegata però una busta c’era. Ed era quella presentata proprio dall’imprenditore cinese. Poco più di 500mila euro per aggiudicarsi una casa del valore di oltre due milioni di euro.

Sergio Bramini aveva provato a opporsi e aveva presentato due ricorsi in tal senso per le presunte irregolarità ravvisate in quell’asta. Dichiarata deserta, appunto, eppure conclusasi il giorno dopo con l’apertura di una busta, quella presentata da Zheng. Ma per il momento quei ricorsi sono stati respinti, anche se il secondo dovrebbe ancora essere discusso l'8 maggio. Dal canto suo, Federico Zheng si era detto sin da subito pronto a tirarsi indietro. Non appena scoperta la storia dolorosa, anche dal punto di vista mediatico e giudiziario che si nascondeva dietro quella villa, aveva detto: "Sono pronto a tirarmi indietro, a patto però di non doverci rimettere la pena da 50mila euro prevista in questi casi».

Ora, il dietrofront. "Speravo annullassero quell’asta come aveva chiesto Bramini - spiega -, ma questo non è avvenuto. E alla fine ho capito che tirarmi indietro per me sarebbe stato un rischio". Non solo per la penale, ma soprattutto per il valore dell’immobile. E qui seguire il filo del ragionamento di Zheng, anche per le difficoltà nella lingua, è difficile. "Se la casa fosse stata rimessa all’asta, il suo valore sarebbe sceso ancora del 30 per cento. E io rischiavo di perderci i 500mila euro offerti al Tribunale per acquistarla". Non solo. "Ho parlato col mio avvocato, mi ha fatto capire che avrei rischiato di avere conseguenze penali, di finire in galera se non avessi più voluto comprare la casa".

Federico Zheng però ci tiene a precisare: "Ho sempre lavorato e mi sono costruito tutto con le mie mani, vivo in Italia da 12 anni: non sapevo cosa si nascondesse dietro quella casa, vorrei sempre aiutare se potessi, ma alla fine i giudici hanno deciso che quell’asta non sarebbe stata annullata e non concludere l’acquisto per me sarebbe stato un pericolo". Zheng aveva però chiesto (e ottenuto) una dilazione di un mese per ottemperare a quell’acquisto. Perché? "Perché aperavo che l’asta venisse annullata, ho chiesto tempo in più proprio per quello, in attesa della decisione del Tribunale sul ricorso, ma è stato inutile". E adesso? "Ci andrò a vivere con la mia famiglia, moglie e tre figli".