Monza, la strage del 1928: un bolide rosso sulla folla in autodromo

Nel terribile incidente morirono il pilota Materassi e oltre venti spettatori, le gare si fermarono per due anni

La macchina del pilota Materassi dopo l'incidente

La macchina del pilota Materassi dopo l'incidente

Monza, 16 ottobre 2016 -  Un anno da dimenticare. Il 1928 per la città di Monza si rivelerà un annus horribilis, da dimenticare. La memoria reca ancora scolpito a caratteri di fuoco quanto avvenuto il 29 agosto, quando in seguito a un nubifragio d’inaudita violenza sono stati devastati alcuni dei cappellifici e cotonifici più importanti della città, lasciando a terra dieci morti, quando una nuova tragedia si abbatte sulla città. All’autodromo, aperto appena sei anni prima ma già pronto a diventare motivo d’orgoglio, il 9 settembre va in scena il gran premio di automobilismo. La dicitura non è ancora quella di Formula Uno, ma il concetto cambia di poco. E il richiamo per il pubblico è straordinario. Come avviene anche oggi, la gara si disputa a inizio settembre, e i nomi migliori dell’automobilismo italiano ed estero si ritrovano al nastro di partenza.

Eppure quella che avrebbe dovuto essere solo una festa si tramuterà in tragedia, con oltre venti morti fra il pubblico stretto a bordo pista. E una risposta che arriverà al termine di una lunga e difficile inchiesta: l’impianto di Monza non ha forme di protezione per garantire l’incolumità di pubblico e piloti. Come insegnerà la storia, ci vorrà parecchio tempo per arrivare a fare qualcosa su questo fronte. Anche se intanto il gran premio d’Italia fu sospeso per due anni.

COSA ACCADDE

Sport, motori e... cronaca nera. Pensi all’Autodromo di Monza e, se devi far mente locale a quali tragedie vi siano avvenute in quasi cento anni di storia, non puoi fare a meno di tornare con la memoria al 1961 e al terribile incidente del pilota Wolfang von Trips, che piombò sulla folla con la sua macchina uccidendo 14 persone. Eppure - anche se nell’immaginario comune è stato quasi dimenticato - un dramma di proporzioni ancora maggiori era avvenuto in realtà parecchi anni prima. Siamo appunto nel 1928, all’Autodromo Nazionale di Monza, inaugurato appena sei anni prima e già divenuto orgoglio italiano per appassionati di motori e non solo.

Il mondo delle corse ha già però insegnato che c’è poco da stare sereni quando si parla di motori e di velocità. In Germania ne sanno qualcosa, con una corsa che ha fatto molto scalpore due anni prima, nel 1926, e che si è disputata sul circuito di AVUS (acronimo di Automobil Verkehrs und Übungs-Straße, in italiano Strada per il traffico (V) e per le prove (U) delle Automobili) e che si è conclusa con una raffica di incidenti che hanno avuto come triste e drammatico bilancio ben 5 morti e una quindicina di feriti. In Italia però si crede che qualcosa di simile dalle nostre parti non possa accadere, in fondo quella tedesca è un’autostrada, anche se periodicamente prestata alle corse, mentre a Monza c’è un autentico catino della velocità riservato solo ed esclusivamente ai bolidi.

E così a Monza il 9 settembre di quell’anno si disputa senza troppe ambasce il Gran Premio. L’entusiasmo è alle stelle, le tribune e non solo sono gremite di spettatori. Il disastro va in scena alle 11,36. Siamo al diciassettesimo giro, quando la macchina numero 18, la Talbot Darracq 700 guidata dal geniale pilota e costruttore di macchine toscano Emilio Materassi si appresta ad attaccare la quinta posizione. Vorrebbe superare Giulio Foresti, al volante di una Bugatti. Succede però l’irreparabile, l’inconcepibile. Mentre il gruppo che occupa le prime file è già passato (fra loro anche il mitico Tazio Nuvolari!), il bolide rosso di Materassi, sul grande rettilineo delle tribune, sbanda e precipita a 200 chilometri all’ora sulla folla assiepata perfino sul ciglio esterno del parterre delle tribune. La macchina, dopo aver percorso in senso trasversale il tracciato, verso sinistra, entra bella parte erbosa e, abbattuti i paletti di sostegno della barriera di filo spinato, salta la trincea e atterra dopo una serie di piroette sul pubblico.

Una scena terrificante. "Un proiettile, un proiettile" dirà qualche testimone. All’inizio si contano 21 morti e una trentina di feriti, ma il bilancio sarà destinato tragicamente a salire. In uno scenario raccapricciante nel fossato che corre a fianco alla pista vengono ritrovati decine di cappelli e berretti, valigette, portafogli, gioielli, orologi e scarpe. Muore dopo due giorni di agonia anche il tredicenne Luigi Perego, figlio del podestà di Biassono: le vittime con lui salgono a 22. Giovanni Brusati, 31 anni, da Mortara, è invece l’ultima vittima. Anche se qualche giornale dell’epoca, giorni dopo, dirà che le vittime sarebbero in realtà anche di più. Senza spiegare però perché. Censura? Fra le vittime accertate di sicuro va comunque contato anche il povero pilota Emilio Materassi: inizialmente sembra essere scampato al terribile botto, scende dalla sua vettura, fa alcuni passi, parla addirittura col pubblico attonito. Ma infine si accascia, stroncato da un’emorragia interna conseguente a un colpo ricevuto alla tempia.

L'INCHIESTA

La gara intanto prosegue - the show must go on - e per la cronaca registra la vittoria del monegasco Louis Alexandre Chiron, che non ha modo neppure di accorgersi di quanto accaduto sul circuito sino alla fine della gara. Comincia la triste conta delle vittime. La pratica si rivela straziante, fra le vittime - dilaniate - ci sono molte giovani coppie di fidanzati. Le cronache dell’epoca raccontano alcuni casi che colpiscono l’immaginario. Come quello dell’impiegato di banca che aveva vinto il tagliando a una riffa organizzata all’interno del suo ufficio: un colpo di fortuna che si rivelerà però una sciagura.

Si apre intanto un’inchiesta che chiede anche all’Automobile Club di fare chiarezza. L’eco dell’incidente nel mondo è considerevole e c’è già chi chiede - persino il pontefice - di interrompere la pratica delle corse automobilistiche. I Tedeschi ci vanno giù pesante, almeno all’inizio, poi però - probabilmente anche per ragioni di realpolitik - mollano la presa. Intanto i periti provano a ricostruire cosa sia avvenuto. Diverse le ipotesi: il pilota ha avuto un malore? Le due vetture impegnate nel sorpasso si sono toccate? C’è stato un inceppamento nello sterzo? La moglie del povero Materassi da Borgo San Lorenzo nel Mugello, classe 1894, racconta intanto che nei giorni precedenti la gara il marito aveva avuto un presagio funesto. E aveva voluto scrivere a tutti i costi il proprio testamento. Salvo promettere poi alla moglie che quella sarebbe stata la sua ultima corsa. La perizia alla fine dà una sua risposta: si è trattato di un accidente della macchina, mentre Materassi stava superando Foresti lo sterzo si è bloccato e l’auto è stata proiettata fuori pista sul pubblico. Una scena - dice la perizia - durata fra i 6 e gli 8 secondi. E la perizia dice anche un’altra cosa. Le opere presenti nell'autodromo di Monza non sono per nulla sufficienti a garantire la pubblica incolumità, manca ogni forma di protezione.