Milano, scioperano i lavoratori del legno: duemila in piazza

Manifestazione per il rinnovo del contratto. Da superare lo scoglio del lavoro stagionale

Il corteo dei lavoratori

Il corteo dei lavoratori

Milano, 22 febbraio 2020 - Il contratto collettivo scaduto, gli otto mesi di trattativa, il tavolo che salta e alla fine i 2mila manifestanti in Foro Bonaparte a Milano. Da una parte, lo sciopero unitario dei sindacati dei lavoratori del legno per il Nord Ovest, 300mila addetti a livello nazionale; dall’altra Federlegno, l’associazione imprenditoriale di un settore da 42 miliardi di euro di fatturato l’anno. Al centro delle divisioni, le percentuali di stagionalità e dei contratti a termine, ma dopo l’agitazione di otto ore di ieri, si levano gli appelli a riprendere il dialogo.

«Chiediamo che le forme di assunzione diverse dal tempo indeterminato siano contenute in una percentuale definita e siano condivise dalle singole aziende con le Rsu e i sindacati del territorio", la principale richiesta dei sindacati, che parlano di adesioni allo sciopero superiori all’80% in Lombardia. Qui, secondo Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil, le aziende del settore sono circa 5mila, per oltre 30mila addetti e il 25% della produzione totale in Italia, di 8 miliardi. Dall’altro lato, Federlegno circoscrive i termini della questione: "Alcune attività potrebbero essere svolte con contratti stagionali, quando la causale del tempo determinato non è più valida – spiega Gianfranco Bellin, presidente della commissione per il rinnovo del contratto – Sarebbero sempre inclusi in quel 50% composto da contratti a termine (20%), interinali determinati (10%) e indeterminati (20%), nei termini del decreto dignità. È un modo per continuare a impiegare il personale già formato, in attesa di poterlo stabilizzare. Non siamo per la liberalizzazione selvaggia".

D’altro canto , Armando Busnelli, segretario Filca, rilancia chiedendo "una commissione per verificare se davvero c’è l’esigenza di lavoro precario fra le aziende. La priorità è investire su un lavoro di qualità in ottica di innovazione 4.0, professionalità del personale mentre invece si parla solo di flessibilità e riduzione dei costi". "Facciamo il 5% del Pil ma la crescita del settore è allo 0,4% e la crisi del Coronavirus porterà un calo delle esportazioni in Asia, la Cina vale per noi 700 milioni – spiega il presidente di Federlegno, Emanuele Orsini – Vorremmo più stabilità per tutti, ma per garantirla ai lavoratori serve una ripresa dell’economia e usare gli strumenti che permettono di creare posti di lavoro per le 80mila aziende che rappresentiamo". Ombre Coronavirus sul Salone del mobile? "Nient’affatto, su 430mila ingressi, quelle dei buyer cinesi sono 30mila – risponde Orsini – Il design è la punta di diamante dell’export, che per noi vale oltre metà del fatturato. Dobbiamo dare un segnale positivo".  

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro