Assegno unico universale, che beffa: meno soldi alle famiglie con figli disabili

A loro un sussidio ridotto rispetto al reddito reale perché ricevono altri aiuti dallo Stato e dalla Regione

Figlio disabile

Figlio disabile

Milano - Per i genitori che hanno figli con disabilità a carico l’importo dell’assegno unico universale non solo non corrisponde a quello che dovrebbe e potrebbe essere ma, in alcuni casi, finisce con l’essere inferiore a quello riconosciuto ad altre famiglie. Sembra un paradosso invece si tratta di un problema che non nasce col sussidio appena entrato in vigore ma che da questo viene amplificato fino alla beffa.

L’entità dell’assegno è infatti definita in base ad alcuni criteri. Il primo, il più importante, è il reddito Isee della famiglia. Le soglie sono quattro: l’importo massimo spetta a chi ha un Isee uguale o inferiore a 15mila euro, l’importo minimo a chi ha più di 40mila euro annui. Nel mezzo chi ha fino a 20mila e fino a 30mila euro di Isee. Ora diverse famiglie con figli con disabilità si stanno scoprendo più ricche di quanto pensassero di essere e di conseguenza stanno realizzando di aver diritto ad un assegno inferiore a quello immaginato. Una rivelazione amara ma non inattesa per l’associazione “Famiglie Disabili Lombarde“, che ha diagnosticato per tempo la causa di questo disallineamento: l’Isee stesso. In questo indicatore confluiscono, infatti, anche alcune voci che non dovrebbero fare reddito col risultato di alterare la situazione economica della famiglia, in alcuni casi facendola andare oltre la soglia dei 40mila euro annui.

L’Isee prende in considerazione tutte le somme previdenziali e assistenziali riconosciute alle famiglie con figli o parenti disabili, non distingue da tutto il resto le indennità di invalidità e di accompagnamento, gli assegni trasferiti dalla Regione alle famiglie con figli o parenti con disabilità grave e gravissima (B1 e B2) né i risarcimenti dei danni per incidenti o eventi che hanno provocato lo stato di invalidità e di disabilità. Tutte queste voci fanno reddito. "Ma non si può considerare ricchezza ciò che viene percepito in ragione e a sostegno di una condizione di disabilità" spiega Silvia Antivalle, avvocatessa dell’associazione “Famiglie Disabili Lombarde“.

Da qui la richiesta avanzata già da mesi: "Queste voci siano scorporate una volte per tutte dall’Isee". Una richiesta che trova, indirettamente, fondamento anche nell’ultima relazione sulla disabilità firmata da Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, quella del marzo 2021, nella quale si legge: "I trasferimenti sociali non sono sufficienti a garantire alle famiglie con persone disabili condizioni di vita analoghe al resto della popolazione, e ciò a causa dei costi aggiuntivi, di natura medica e sanitaria, indotti proprio dalla disabilità". Non ultime, tre sentenze del Consiglio di Stato hanno chiarito, già nel 2016, che le misure previdenziali e assistenziali non possono essere conteggiate nell’Isee. Insomma: lo Stato non può dare con una mano e togliere con l’altra. Quanto all’assegno unico universale c’è, poi, una seconda criticità: la maggiorazione cambia a seconda dell’età del figlio con disabilità, a seconda che abbia più o meno di 18 anni. Un criterio spartiacque che in caso di disabilità gravi e gravissime non ha senso perché la condizione di non autosufficienza, purtroppo, non cambia, non si riduce, col progredire dell’età.

 

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