De Sica, ora vi racconto Christian:in scena con uno spettacolo autobiografico /FOTO

Lo spettacolo agli Arcinboldi il 14 aprile. La nostra intervista durante la visita in redazione

Christian De Sica in redazione a Il Giorno

Christian De Sica in redazione a Il Giorno

Milano, 21 marzo 2019 - Nel mondo dello spettacolo la sua “reunion” con Massimo Boldi ha fatto più rumore di quella di Al Bano e Romina. Ma Christian De Sica, ieri alla redazione de “Il Giorno”, più che dei trionfi al box-office dell’ultima prodezza cinematografica natalizia “Amici come prima” ha preferito parlare di sé, dei suoi ricordi, della sua famiglia, così come accade in “Christian racconta Christian De Sica”, lo show che l’attore romano porta agli Arcimboldi il 14 aprile con la complicità di Pino Strabioli e un’orchestra di 50 elementi diretta da Marco Tiso. «Per me è un sogno, perché cantare è la cosa che so fare meglio. Il mio mito è Sinatra», dice. «Nella mia vita, infatti, recitare è quasi un optional e pure nei film, appena posso, canto».

Cosa racconta in questo nuovo spettacolo? «In scena più che Christian De Sica c’è Christian. Racconto tutto quello che m’è capitato. Ho avuto la sfortuna di essere stato concepito da mio padre a 51 anni e, quindi, di non averlo potuto avere accanto quanto avrei voluto, ma anche la fortuna di poter conoscere, grazie a lui, personaggi straordinari. Gente come Ava Gardner, Charlie Chaplin, la Loren, Montgomery Clift. Perfino Wanda Osiris. Ho fatto il giro della morte, visto che da Chaplin mi sono ritrovato a lavorare con Boldi». 

Più un peso o un privilegio essere figlio? «Privilegio assoluto. La fregatura è stato perdere mio padre a soli 23 anni, chissà quanti consigli avrei potuto chiedergli e quante paure avrebbe saputo togliermi. Lo ricordo ancora la mia sera del debutto allo Sporting di Montecarlo. Avevo 22 anni e me la facevo sotto. Fu Josephine Baker a tranquillizzarmi offrendomi un bicchiere d’acqua. In sala, oltre ai miei, c’erano Grace Kelly e Ranieri di Monaco, Sergio Mendes, Rudolf Nurejev e Gene Kelly. Andò benone e piovvero pure dei fiori sul palco. Il commento di papà? “Posso morire tranquillo, lo sai fare”».

A proposito di musica, nel ’73, con “Mondo mio”, partecipò al suo unico Sanremo. «Ricordo ancora lo sguardo severo di Mike Bongiorno. Tornato in albergo, sentii bussare alla porta; era Milva che, per rincuorarmi, mi disse: a 23 anni che te ne importa, pensa a me che ne ho parecchi più di te e sono arrivata terza… è molto più triste. Mi hanno offerto un paio di volte di condurre il Festival, ma ho detto di no perché avevo altri impegni. Oggi accetterei». 

Orgogliosamente nazionalpopolare. «In strada la gente non mi dice “sei bravo”, mi dice “ti voglio bene” e questa è la più grande soddisfazione che potesse darmi il mestiere d’attore. Anche se penso di essermela conquistata; basta pensare che il più forte outsider del momento, Checco Zalone, ha all’attivo quattro film, mentre io sto scrivendo il mio centodecimo».

Di che parla? «È un horror comedy intitolata “Sono solo fantasmi” che girerò assieme a mio figlio Brando. Nel film io, Carlo Buccirosso e Gianmarco Tognazzi siamo di tre fratelli, nati dallo stesso padre, che si ritrovano a Napoli per dividersi la sua eredità, ma davanti alla miseria del lascito s’improvvisano ghostbuster, acchiappafantasmi, finendo però col risvegliare quelli veri. Il film uscirà ad ottobre, per Halloween. Quest’anno, infatti, niente cinepanettone».

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