ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Mango, l’omaggio al Maestro della voce

Laura Valente , moglie dell’artista, ha presentato “Tutto l’amore che conta davvero”: un cofanetto con quattro dischi fra successi e duetti

Music Week dedica martedì al ricordo di Mango, qui con la moglie Laura Valente

Milano, 14 noevmbre 2019 - Milano per Mango . «Tutto l’amore che conta davvero» è la giornata che la Music Week dedica martedì prossimo al Maestro della voce di Lagonegro con un doppio appuntamento, quello delle 10 nell’Aula Magna della Statale riservato agli studenti universitari e delle scuole superiori di Milano (con l’intervento della moglie Laura Valente - ex voce dei Matia Bazar - di Mogol, di Mauro Paoluzzi e del professor Maurizio Corbella) e poi il concerto delle 21 al Teatro dell’Arte della Triennale con Giorgia, Eugenio Finardi, Saturnino, Kataklò Athletic Dance Theatre, I Tarantolati di Tricarico, Alberto Salerno, Mara Maionchi, Marta Cagnola e altri amici. Intanto ieri pomeriggio Laura Valente e Mara Maionchi hanno presentato il cofanetto dal titolo omonimo, “Tutto l’amore che conta davvero”, preceduto in radio dalla “Forse che sì, forse che no” duettata da Pino con un’altra anima nobile della nostra canzone quale Lucio Dalla. Tre cd (che nella visione deluxe diventano quattro con un live) dedicati ai «successi», agli «incontri», ai «tesori nascosti», di una vita affrontata a passo di sirtaki nel segno di “Lei verrà”, “Bella d’estate”, “La rondine” e tante altre ancora. «Col tempo la memoria tende ad evaporare, ma per un’artista è diverso», dice Laura Valente. «Perché lascia delle opere, così come l’architetto, il ricercatore, e chiunque altro lasci un qualche bagaglio all’umanità».

Cinque anni dopo, qual è il ricordo di Mango? «Credo che Pino abbia avuto una storia abbastanza anomala, non sempre andata di pari passo col suo talento. Oltre alle capacità musicali, infatti, aveva sviluppato un’introspezione letteraria e un mondo spirituale particolari. Penso che, alla fine, il suo peso specifico non sia stato riconosciuto fino in fondo. Sicuramente sette Festival di Sanremo da protagonista non hanno aiutato, contribuendo a dare una visione “leggera” di lui che non gli rende completamente giustizia. Perché mio marito era sì quello dell’Ariston, ma anche molto altro».

Una memoria da ravvivare? «Se n’è andato all’improvviso, come uno tsunami. E quando una corrente impetuosa solleva la sabbia dal fondo del mare, bisogna aspettare che si depositi per tornare ad avere l’acqua limpida e accorgerci del corallo prezioso che c’è sul fondo. Non è un caso, forse, che due settimane fa un rapper nobile e intelligente come Willie Peyote sia riuscito a cogliere in una canzone l’aspetto “epico” della sua scomparsa».

Perché «epico»? «Perché nel momento estremo della sua vita, quello della morte, mio marito è riuscito a dare una lettura di dignità al suo essere uomo ed artista. Ed è importante che Willie l’abbia colto, come è importante Gué Pequeno abbia rivisitato “Oro” col linguaggio dei giovani d’oggi; se i ragazzi delle superiori conoscono quel pezzo è grazie a lui».

È vero che lui aveva espresso la speranza di andarsene esattamente in quel modo? «Ahimé, sì. Accadde la sera che ci lasciò Miriam Makeba, stroncata da un attacco cardiaco a Castel Volturno al termine di un concerto anticamorra. Eravamo davanti alla tv con i nostri bambini e Pino disse: è morta facendo la cosa che amava di più al mondo, se mai dovesse accadere qualcosa del genere sarebbe il giusto compimento della mia vita. Purtroppo è successo per davvero».

È rimasto qualcosa nel cassetto? «Sì, un romanzo in cui Pino ha lavorato tantissimo negli ultimi cinque anni della sua vita. Una storia meravigliosa ambientata nel Medio Evo. È quasi finito, manca solo un capitolo. Potremmo pubblicarlo così, perché inizia dal finale e quindi la storia è quasi completa, ma se nel nostro triumvirato familiare - io e i miei figli Filippo e Angelina - non c’è la maggioranza assoluta, non se ne fa nulla».