Villa Pendice, la onlus rinuncia: troppe spese

Le chiavi della storica dimora a Bordighera riconsegnate alla Città metropolitana. E l’edificio rischia di rimanere nell’abbandono.

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di Andrea Gianni

Su Villa Pendice, la storica residenza per le vacanze a Bordighera acquistata dalla Provincia di Milano nel 1954 e abbandonata da una ventina d’anni, si torna alla casella di partenza. La Fondazione Fratelli di San Francesco d’Assisi, che aveva ottenuto la concessione per utilizzare l’antica dimora del 1925, anche per effetto della pandemia ha deciso infatti di recedere dalla convenzione, riconsegnando l’immobile alla Città metropolitana. La Fondazione, si legge in una comunicazione inviata all’ente, "purtroppo deve concentrare i propri sforzi economici sulle attività istituzionali nel territorio di Milano, sforzi economici che subiranno una progressiva intensificazione a causa delle misure di sicurezza che via via devono essere adottate e aggiornate per mantenere in condizioni di sicurezza le comunità di minori, i dormitori e la mensa per i poveri". Sarebbe sfumata, inoltre, anche la partnership con un’altra realtà per l’apertura di una struttura dedicata alla cura dei disturbi alimentari.

Le chiavi della villa, già nelle disponibilità della fondazione, verranno quindi riconsegnate alla Città metropolitana. E si apre un grosso punto interrogativo sul destino della struttura, anche perché nelle casse pubbliche mancano i fondi per avviare un progetto di riqualificazione. Correva l’anno 1954, quando la Giunta provinciale di Milano presieduta da Adrio Casati diede il via libera alla spesa di 33 milioni e mezzo di lire per l’acquisto di Villa Pendice a Bordighera. Una struttura "di soggiorno e cura per dipendenti e pensionati provinciali" nel salubre clima della riviera ligure, si legge nella delibera datata 22 marzo 1954, nell’epoca in cui aziende ed enti pubblici offrivano colonie e case vacanze a prezzi calmierati alle famiglie. Mezzo secolo dopo il mondo è cambiato, e Villa Pendice da una ventina d’anni è chiusa, inutilizzata.

Dopo una serie di tentativi andati a vuoto, era andato in porto l’accordo con la fondazione con sede in via della Moscova: in cambio di riqualificazione e manutenzione aveva ottenuto il diritto di usare per 30 anni la struttura per le proprie attività come "comunità-casa vacanze prevalentemente per categorie svantaggiate". Gratis per nove anni, poi con un canone di 32mila euro all’anno. Un’operazione che aveva anche scatenato le proteste dei rappresentanti sindacali, che avevano denunciano un mancato coinvolgimento nel piano di valorizzazione, anche perché l’immobile era stato acquistato anche con il contributo economico degli “antenati“, i dipendenti degli anni ’50.

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