Torturò e massacrò il figlio di due anni, per i periti era lucido

Alija Hrustic picchiò il bimbo fino a ucciderlo, dopo avergli fatto ingerire il contenuto del pannolino e avergli bruciato i piedi

Alija Hrustic

Alija Hrustic

"Un ritardo cognitivo molto lieve unito alla totale incapacità di comprendere il disvalore dei gesti commessi, oltre alla totale incapacità di classificare la disumana reazione". L’analisi psichiatrica non “assolve“ Alija Hrustic, il 25enne imputato dell’omicidio di suo figlio, di 2 anni, consumato lo scorso maggio in via Ricciarelli, zona difficile di Milano. Hrustic, per il pool di consulenti, era lucido e cosciente perché le sue capacità mentali glielo consentivano, ha ucciso quindi il figlio per un “cortocircuito emotivo“ dovuto al semplice pianto del bambino che lui stesso aveva causato facendo ingerire al piccolo il contenuto del pannolino e poi prendendolo a pugni e calci. Cinque costole rotte, lacerazione di un rene e della milza, quattro bruciature di sigarette, cinque morsi profondi dati al braccio, alla schiena e all’addome, ustioni ai piedi compatibili con l’appoggio su una fiamma o su piastra rovente, poi una gravissima frattura, quella mortale, alla fronte. L’orrore è stato descritto dai medici legali nella scorsa udienza a porte chiuse del processo.

Sempre secondo quando hanno spiegato i periti, (il medico legale è Riccardo Zoia), la frattura cranica mortale sarebbe compatibile con un colpo molto forte inferto con un oggetto o con un pugno scagliato con l’energia che potrebbe avere un pugile. Dalla frattura cranica alla morte del bambino, per l’equipe di medici legali, sarebbero passate circa sette ore. Sette ore di agonia in cui il piccolo, incosciente, è rimasto in casa con la mamma, anche lei ha subito violenze fisiche, con gli altri fratellini che hanno assistito al massacro e con il padre che dopo il pestaggio ha tentato di riprendere sonno.

Così ha raccontato la moglie, unica testimone, che si è costituita parte civile. Soltanto verso mattina, forse ripresosi dagli effetti della droga Alija Hrustic ha caricato gli altri due bambini in auto ed è uscito di casa lasciando il piccolo con la madre. Una volta in macchina Hrustic ha chiamato la polizia dicendo: "Ho bisogno di un’ambulanza in via Ricciarelli, un bambino non respira". Quando i poliziotti sono entrati nella casa c’era solo la donna e il piccolo era già morto. Era sdraiato su un letto con i piedini fasciati da una garza, una medicazione che la mamma aveva improvvisato durante la notte, quando il bambino gridava per via delle ustioni.

La Corte d’Assise, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha rigettato ieri la richiesta avanzata dal difensore dell’imputato, l’avvocato Giuseppe De Lalla, di sentire in aula le altre due figlie di 3 e 5 anni di Hrustic. Alla richiesta si sono opposti sia la pm Giovanna Cavalleri, sia i legali di parte civile. "All’epoca dei fatti le bambine avevano 3 anni e 1 anno e mezzo - ha sottolineato la pm - non sarebbero in grado di riferire nulla in merito all’accaduto". Patrizio Nicolò, che assiste la madre della vittima, ha ribadito che "si tratta di una richiesta non solo tardiva, ma di una chimera, che sottoporrebbe le piccole a un trauma inutile". Si torna il aula il 17 maggio.

 

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