Torre dei Moro, il nostro viaggio nei 19 piani distrutti. Gli abitanti: "Torneremo a vivere qui"

Adesivi e disegni nelle stanze dei bambini dove il tempo si è fermato Appartamenti devastati dal rogo, altri intatti e ancora da sgomberare La rabbia dei residenti: abbiamo perso tutto, ora vogliamo giustizia

Il nostro cronista all'interno della Torre dei Moro

Il nostro cronista all'interno della Torre dei Moro

MIlano – Un adesivo, con la scritta “The princess room“, resta attaccato alla porta di quella che un tempo era la cameretta di una bambina. A terra, sul pavimento annerito e coperto dalla polvere, i resti di disegni e giocattoli. Un vaso pieno di fiori finti sul pianerottolo è l’unico oggetto intatto, ricordo di una normalità sconvolta. Il tempo si è fermato al 29 agosto 2021, quando l’incendio ha devastato la torre in via Antonini 32 senza per fortuna provocare vittime, ma lasciando senza una casa 80 famiglie, con 34 minorenni in età scolare e prescolare.

Parte dal diciannovesimo piano, raggiunto con un montacarichi ancora funzionante, il viaggio all’interno della Torre dei Moro, il cui scheletro risalta nello skyline di Milano Sud. Solo una vasca da bagno, nell’appartamento, è rimasta intatta. Il fuoco ha distrutto tutto e ha divorato perfino la scala che portava al piano superiore, lasciando solo l’anima in metallo dei gradini, ormai corrosa dalla ruggine.

Sulla struttura a 70 metri di altezza sono stati installati anche sensori, per rilevare eventuali anomalie e intervenire nel caso del rischio di cedimenti, mentre dalle finestre che non esistono più e dalle terrazze bruciate risalta senza filtri il panorama di Milano. Solo per la manutenzione dell’edificio i residenti, che da allora hanno trovato soluzioni abitative provvisorie, devono pagare 180mila euro all’anno. Una delle tante beffe subite dal 2021, quando è iniziata una battaglia per la rinascita della torre con infiniti ostacoli da superare.

"Siamo riusciti a rimanere compatti – spiega Marco Leorin – e si è creata una coesione anche con persone con le quali prima si avevano pochissimi rapporti". Ora c’è un progetto, battezzato Torre Seta e firmato dall’architetto Marco Piva. L’obiettivo è far partire a settembre i lavori (pagati dall’assicurazione), per terminarli entro l’inizio del 2026, anno delle Olimpiadi invernali. Intanto si gioca la partita in Tribunale, perché lunedì si aprirà l’udienza preliminare: tra gli imputati i costruttori Alberto e Roberto Moro e il legale rappresentante di Alucoil, l’azienda spagnola produttrice dei pannelli che rivestivano il grattacielo e in pochi minuti hanno preso fuoco.

Pannelli in materiale non ignifugo, per risparmiare sui costi. Scendendo lungo le scale, che il 29 agosto 2021 sono state utilizzate dagli abitanti per mettersi in salvo e uscire dalla torre invasa dal fumo, si arriva all’appartamento che Mirko Berti acquistò nel 2011. Stanze, anche in questo caso, completamente distrutte. Sul pavimento resta solo la base del parquet , bruciato.

«Qui c’erano il mio pianoforte e la mia libreria – racconta – tutti gli oggetti raccolti in una vita. Ora non esiste più nulla. È un miracolo che non sia morto nessuno, e questa tragedia sfiorata dovrebbe essere un monito per avviare un monitoraggio nazionale sugli edifici pericolosi, come è stato fatto nel Regno Unito dopo l’incendio della Grenfell Tower. Invece non si sta muovendo nulla". Mirko, quella domenica di fine agosto, era fuori casa, come tanti altri condomini. Ora vive in affitto in zona Rogoredo, e attende che parta la ricostruzione.

Al quindicesimo piano, dove è divampato l’incendio propagandosi poi in tutto il grattacielo, paradossalmente si notano meno danni. Le porte sono intatte, mentre dai soffitti pendono i fili di plastica delle lampade sciolte come burro. Una coppia deve ancora recuperare i mobili rimasti da allora nell’appartamento, risparmiati dal fuoco. "Dobbiamo portarli in un deposito temporaneo – spiegano – lasciando vuote le stanze per quando inizieranno i lavori. Dovremo sostenere anche questa spesa". Il piano numero 14, invece, è completamente distrutto da un rogo impazzito, che ha risparmiato alcune aree accanendosi su altre.

L’odore di plastica bruciata è ancora nell’aria, negli uffici Eni al terzo piano. La discesa verso terra si conclude nella casa di Marco Leorin, pilota d’aereo. Una delle villette che fanno parte dello stesso complesso, anche loro da riqualificare. Stanze vuote, a terra resta una trottola dimenticata durante il trasloco dei mobili. Frammenti di plastica bruciata sono rimasti attaccati agli infissi.

"Quel giorno una delle mie figlie stava giocando nel cortile, mentre l’altra era in casa – racconta –. Appena mia moglie ha visto le fiamme le ha portate al sicuro, in pochi minuti è bruciato tutto. Io ero in aereo e, sorvolando Milano, vedevo il fumo dall’alto". La famiglia ha dovuto acquistare un’altra casa, e ora sta pagando il mutuo. "Abbiamo scelto la stessa zona – conclude Marco – perché torneremo nella torre".

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