REDAZIONE MILANO

Sos salute mentale: "Sempre disponibili. Incertezza logorante"

Gli sfoghi raccolti: straordinari? Non li pagano

Gli sfoghi raccolti: straordinari? Non li pagano

Gli sfoghi raccolti: straordinari? Non li pagano

Tra le persone che hanno risposto al sondaggio, c’è anche chi segnala casi di grave sfruttamento e diritti calpestati. "Mi chiedono di essere sempre disponibile ma non mi pagano le ore in più", scrive un giovane lavoratore. "Ogni domenica sera aspetto un messaggio per sapere se il giorno dopo lavoro o no", racconta un altro. La dipendenza economica dai genitori, una "incertezza totale sul futuro" con un pesante impatto sulla salute mentale. "Ti senti sbagliato, come se fossi tu il problema. È logorante", è uno degli sfoghi raccolti. Se ai primi posti ci sono l’instabilità contrattuale, l’inadeguatezza del salario rispetto al costo della vita, la carenza di tutele e diritti (ad esempio su malattia, maternità, ferie), la precarietà si declina anche nella scarsa possibilità di ricevere formazione, avanzare nella carriera, essere riconosciuti per gli studi fatti e le competenze acquisite. Sul benessere può incidere il sistema di welfare, ma soltanto il 22% degli intervistati afferma che la propria azienda raccoglie e analizza i bisogni dei dipendenti, con il risultato che le misure erogate rischiano di essere incoerenti e poco efficaci. In media gli intervistati hanno partecipato a meno di 2 corsi negli ultimi 3 anni. Per 1 su 2 la formazione erogata in azienda non è coerente con i fabbisogni individuali; il 57,4% pensa che la formazione scolastica/universitaria ricevuta non sia adeguata alle esigenze delle imprese; quasi 2 su 3 ritengono di avere più competenze rispetto a quelle richieste dalla propria mansione (overeducation). Guardando al futuro, circa 3 su 10 credono che le proprie competenze non saranno spendibili nel mercato del lavoro del 2030. Un tipo di formazione fondamentale è quella sulla salute e sicurezza: il 48% dichiara che non gli sono mai stati illustrati chiaramente i propri diritti su questi temi. E il lavoro, scandagliando un altro aspetto, si trova tramite il passaparola e il web.

Il 39% ha trovato il primo lavoro grazie a familiari e amici, il 28,5% rispondendo a un annuncio sul web o lasciando spontaneamente il curriculum. Quindi vengono i canali scolastici/universitari (14,3%) e le agenzie per il lavoro (9%). Stenta il sistema pubblico (concorso 5,2%, centri per l’impiego, 3,6%). I giovani vogliono un lavoro che rispetti la vita e non si accontentano di un impiego qualsiasi. In altre parole "si lavora per vivere e non si vive per lavorare". E allora si capisce perché l’84,8% attribuisca al lavoro un significato diverso rispetto alle generazioni dei genitori e dei nonni: equilibrio, benessere, salute mentale, crescita, meno attaccamento al posto fisso e all’azienda sono le nuove parole d’ordine.

A.G.