"Si tratta di un lavoro, non un hobby: in Italia sono già stati fatti passi avanti ma siamo ancora lontani dall’obiettivo, quello che chiediamo è la creazione di un codice Ateco di riferimento per il settore". Il professore e avvocato Jacopo Ierussi è presidente dell’associazione Assoinfluencer, che fa parte di Confcommercio Professioni, nata nel 2019.
Quanti sono gli influencer?
"Il problema è che, allo stato attuale, una stima è impossibile. Non esiste un codice Ateco di riferimento. Di solito vengono usati quelli del cinema, delle produzioni audiovisive o del marketing. L’utilizzo di un codice Ateco inadeguato, consigliato da professionisti impreparati, può tradursi in notevoli problematiche per il futuro".
Siamo di fronte a un vuoto normativo?
"L’Italia è un Paese dove le leggi non mancano, anche sul lavoro autonomo, ma persistono incertezze sul piano giuridico e fiscale per questa nuova categoria".
La Gdf ha scoperto tre evasori totali.
"I professionisti seri pagano le tasse e rispettano le regole. Ad ogni modo bisogna attendere l’esito delle indagini. Se avessero scoperto un libero professionista di altri settori più tradizionali la vicenda non avrebbe avuto la stessa risonanza".
Quali problemi sta attraversando il vostro settore?
"Escludendo le star del web, nella fascia più bassa dei microinfluencer sono le aziende a dettare le regole, e quindi anche i compensi non essendoci un tariffario. Abbiamo assistito a casi di sfruttamento, come ad esempio creator pagati con la possibilità di avere in prestito temporaneamente i prodotti. È nota la pratica negativa dell’acquisto di follower, che falsa il mercato. Resta il fatto che è un lavoro che ha aperto grandi opportunità per i ragazzi della “generazione Z“, anche del Sud Italia".
Andrea Gianni
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