Si finge 14enne e adesca sui social Nella rete 26 bambine (due in aula) Insospettabile condannato a 10 anni

Il protagonista degli abusi è un ragazzo di trent’anni con un lavoro regolare e la fidanzata. Nei messaggi WhatsApp si spacciava per adolescente, poi si faceva mandare foto intime

È stato condannato a 10 anni di reclusione e a 60mila euro di multa un 30enne, arrestato nei mesi scorsi anche con l’accusa di violenza sessuale, che sui social fingeva di essere un ragazzino di 14 anni e in questo modo avrebbe adescato, in particolare via WhatsApp, bambine tra i 10 e i 13 anni che, ignare della sua vera identità, gli inviano foto in atteggiamenti privati. Lo ha deciso ieri il gup Ilaria Ramundo con rito abbreviato (sconto di un terzo sulla pena). Stando alle indagini sul caso di pedopornografia online, coordinate dal pm Giovanni Tarzia, sarebbero state 26 le giovanissime vittime cadute nella rete creata dall’uomo finito ai domiciliari (la Procura aveva chiesto il carcere) con l’accusa di detenzione, cessione, produzione, tentativo di produzione di materiale pedopornografico e violenza sessuale, contestata anche se avvenuta via internet e aggravata dalla minore età delle vittime. Due delle bambine si sono costituite parte civile nel processo.

L’inchiesta milanese era partita dalla denuncia ai carabinieri della famiglia di una delle bambine che, dopo aver conosciuto l’uomo, si mostrava sempre più turbata. Con l’aiuto di uno psicologo aveva raccontato tutto permettendo agli investigatori di arrivare all’uomo, un 30enne con un lavoro e una fidanzata.

"Vedrai come sei più carina se ti spogli...". "Sei bella, devi avere più fiducia in te stessa, mostrati nuda". "Mi piaci tu, ti ho scelta fra tante ragazze, perché non fai sesso virtuale con me? Vedrai che dopo ti sentirai molto meglio, l’hai mai provata questa sensazione?". Erano queste chat che il più insospettabile dei “bravi ragazzi“ inviava via whatsapp a bambine di dieci, tredici anni al massimo. Vittime prescelte con abilità: piccole, inesperte, le “catturava“ con parole e modi che erano un mix giocoso, fino poi a trascinarle nell’abisso di perversione della sua mente perché l’induzione al compimento di tali atti, in una bambina che non ha volontà, è a tutti gli effetti un abuso.

Trent’anni, bella presenza, un lavoro stabile come impiegato, fidanzatissimo. Si presentava alle vittime con l’identità di un 14enne e su whatsapp aveva la foto di un ragazzino avvenente. Le bambine pensavano di parlare con un ragazzino poco più grande di loro e invece dietro c’era lui, il trentenne dalla vita fin troppo normale. Nel suo account vennero trovate 177 foto dello stesso 14enne, cioè la sua identità da predatore, leggermente modificate. Molte di più quelle delle vittime nude, che lo portarono dritto all’arresto.

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