Rimborsi Trenord, il Pd attacca: "Così la Regione beffa i pendolari"

Secondo i dem col ritardo calcolato dai 15 minuti l’indennizzo scatterà una volta su tre rispetto ai vecchi bonus. Negri: "Con i due milioni risparmiati si rinnoverà la convenzione per far viaggiare gratis le forze dell’ordine"

Rimborsi Trenord, il Pd attacca: "Così la Regione beffa i pendolari"

Rimborsi Trenord, il Pd attacca: "Così la Regione beffa i pendolari"

Il passaggio dal bonus all’indennizzo per risarcire gli abbonati dei ritardi dei treni regionali non servirà mica "a finanziare il rinnovo della convenzione per far viaggiare gratis sugli stessi treni forze dell’ordine e militari", firmato dalla Regione solo il 7 marzo e che pareva a rischio prima della mobilitazione del ministro Matteo Salvini e dei sindacati? È più di un sospetto per i consiglieri regionali del Pd, che hanno fatto i conti in tasca al nuovo sistema di Trenord, in vigore, ironia della sorte, dal primo aprile: "Una beffa per i pendolari", lo definisce Simone Negri, ricordando che non ci sarà più lo sconto automatico al rinnovo dell’abbonamento ma occorrerà chiederlo in forma di voucher. Soprattutto, secondo i dem, l’aumento, rivendicato dall’assessore Franco Lucente, dello sconto dal 10 al 30% anche per gli abbonamenti annuali, parificandolo a quello previsto per i mensili quando i treni in ritardo o soppressi arrivano almeno al 10% di quelli programmati, sarebbe vanificato dal fatto che il nuovo sistema calcolerà il ritardo a partire dai 15 minuti e non più dai cinque.

I dem sostengono infatti che l’indennizzo scatterà una volta su tre, rispetto al precedente bonus. Con tanto di tabelle: delle 179 linee finite a bonus nel 2023, solo 73 avrebbero meritato l’indennizzo col nuovo metodo. Persino la ferale MiMoAl, la Milano-Mortara ristornata col bonus per 21 mesi consecutivi, si sarebbe salvata per quattro mensilità su 12 l’anno. "Il passaggio all’indennizzo non è un obbligo ma una scelta della Regione - sottolinea Negri -. Al contrario di quanto sostenuto dall’assessore Lucente, la delibera del 2018 dell’Autorità di regolazione dei trasporti non impedisce di applicare un sistema più favorevole ai viaggiatori".

Che il Pd ora chiede di ripristinare, anche perché il valore complessivo dei bonus, che i dem stimano per il 2023 intorno ai cinque milioni di euro, "appare modesto a fronte dei flussi di denaro pubblico verso le partecipate regionali Fnm e Trenord, che col nuovo contratto di servizio riceverà 110 milioni l’anno in più per i prossimi dieci, mentre il resto del trasporto pubblico locale è in affanno e a fronte di un servizio che al momento è quello di prima". Col nuovo sistema dell’indennizzo, tra l’altro, "non sarà più possibile confrontarlo con un passato precedente alla gestione dell’ad Marco Piuri (anche direttore generale di FNM, che gli ha aumentato lo stipendio del 20% a 627 mila euro l’anno, ndr), in cui, con più corse e treni più vecchi, le direttrici a bonus nel 2016 erano solo 40; 91 nel 2017". Intanto, aggiungono i consiglieri del Pd, le tariffe di Trenord aumenteranno dell’8% in due anni; col primo +4% combinato all’incremento dei passeggeri nei primi nove mesi del 2023 la partecipata al 50% dalla Regione (l’altra metà è dello Stato via Trenitalia) ha incassato 64,2 milioni in più. "La quotata FNM ha realizzato un utile di 80 milioni e distribuito 10 milioni di dividendi di cui metà alla Regione che la controlla col 57,5%", aggiunge Negri, "e detiene – continua il collega Pietro Bussolati – buona parte dei treni di Trenord, che le fa noleggiare pagando un mark up. Inoltre, per una scelta spinta dal management, le due società sono fuori dal Sireg, il sistema delle partecipate, e l’opposizione non può effettuare accessi agli atti".

"Intanto l’assessore Lucente - continua Negri - è costretto a elemosinare due milioni di euro, la cifra che calcoliamo sarà risparmiata sui risarcimenti per i ritardi col passaggio dal bonus all’indennizzo e coincide con quella che mancava per rinnovare la convenzione per le forze dell’ordine, che la Regione chiama “protocollo sicurezza“". Alla gratuità per le divise, sottolinea il capogruppo dem Pierfrancesco Majorino, "non siamo assolutamente contrari, anche se non è certo questa la soluzione al problema della sicurezza sui treni. Ma è assurdo che a pagarla debbano essere i pendolari".

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