Polenghi e i suoi novant’anni di arte bianca

Angelo, maestro pasticciere, nel suo laboratorio fra i nipoti. "Questo mestiere per me è una vocazione. Il dolce preferito? La millefoglie"

Migration

di Paolo Galliani

Si scusa, come se fosse una colpa finire in ospedale per una colica biliare e uscirne un po’ indebolito, roba da fare fatica anche a scendere da casa e raggiungere la pasticceria, nota a Milano perché dimostra la correlazione inversamente proporzionale tra lo spazio minuto a disposizione e la qualità eccelsa dei prodotti. Che Angelo Polenghi sia scusatissimo è ovvio. Anche perché proprio oggi festeggia 90 anni. Una bella storia, la sua. La racconta dopo avere ricordato che in via Lamarmora 31 ci lavora da 78 anni. E prima? "Ero il tipico ragazzino cresciuto durante la guerra, con pochi grilli per la testa perché averli era un lusso". Esattamente in via Bodoni, zona Cagnola, dove papà Luigi, panettiere, aveva il suo negozio poi distrutto assieme all’abitazione durante un bombardamento. La soluzione? Andarsene. Per sbarcare al 90 di via Giambellino, a gestire una rivendita di pane che sarebbe durata poco. Mancato papà Luigi, Angelo, appena dodicenne, ogni giorno si sobbarcava in tram l’andata e ritorno fino a via Manara per prendere il pane da uno zio e poi rivenderlo al Giambellino. Ma le cose – lo ricorda lo stesso Angelo – non andavano bene.

Fino al ’45, quando la mamma Elisabetta e i due figli, Angelo e la sorella Maria, trovarono il modo di avvicinarsi al centro e rilevare una rivendita in via Lamarmora, la stessa che negli anni avrebbe preso i connotati attuali della pasticceria. Già, perché lui l’aveva detto: voglio occuparmi di arte bianca. Ed era una vocazione che aveva coltivato frequentando l’apposita scuola comunale di via Molino delle Armi. Il resto? Una lunga scia di bontà per non deludere una clientela esigente e colta, rintracciabile tra i magistrati e gli avvocati del vicino Tribunale, tra i medici della Mangiagalli e del Policlinico, tra le famiglie bene di una Milano abituata a preferire posti simili, un po’ caché, a quelli iper-blasonati e modaioli.

Le sue prime realizzazioni? Gli sfornati con granella e i savoiardi. Poi il Pan di Spagna. I panettoni davvero artigianali. E i cannoncini considerati da molti tra i migliori di Milano, fatti al momento e oggi firmati dal pronipote Mattia che nel frattempo è diventato l’alter-ego di Angelo e da Francesca, valida spalla nel laboratorio della "bottega storica". Da dove adesso escono i "Pan dei Morti", quelle che Angelo e Mattia continuano a creare seguendo una ricetta segreta. E l’impagabile "Millefoglie", che il patriarca della pâtisserie meneghina ha sempre creato alternando tre strati di sfoglia a gustose distese di crema e chantilly. Proprio lei, la Millefoglie con cui oggi, nipoti e pronipoti festeggeranno zio Angelo. Mattia rivela: "È il suo dolce preferito". Qualche candelina, anche se spegnerne 90 è un’impresa. E la gratitudine del signor Polenghi, condita con una delle sue pillole di saggezza. Come quella che ieri regalava a un amico per spiegare la sua distanza dal milanese borioso e pieno di sé. "El te pòrta in piazza e’l te fa nanca vedèe el Dòmm". Un manifesto vivente.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro