Coronavirus, l’altra eredità della pandemia: cinque inchieste nel giro di 3 mesi

Dall’affidamento a Diasorin alle Rsa passando per il caso-camici, l’ospedale in Fiera e la zona rossa. Tutti nodi da chiarire sulla gestione dell’emergenza sanitaria

Attilio Fontana e Giulio Gallera

Attilio Fontana e Giulio Gallera

Milano, 10 giugno 2020 - Cinque inchieste giudiziarie in tre mesi. È questa l’altra eredità dell’emergenza Coronavirus in Lombardia. Inchieste quasi tutte a carattere conoscitivo, almeno per ora. E quasi tutte vertono intorno all’operato della Regione. L’ultimo caso coincide con la decisione del Tar di inviare alla Corte dei Conti gli atti relativi all’affidamento dei test sierologici alla Diasorin perché accerti se l’affidamento diretto alla società piemontese abbia provocato o no un danno erariale. Perché accerti se ci sia stato, o no, un uso non rigoroso di risorse pubbliche. In questa vicenda la Regione Lombardia, ha dichiarato a più riprese il presidente Attilio Fontana, «non è parte attiva». I giudici amministrativi, nell’accogliere il ricorso per concorrenza sleale presentato dalla Technogenetics, hanno condannato l’operato del Policlinico San Matteo di Pavia. Il caso non è ancora chiuso, ci sarà un ricorso in appello. Ma l’affidamento diretto alla Diasorin è anche al centro di un fascicolo aperto dalla procura di Milano dopo un esposto presentato sempre dalla Technogenetics.

«Il test della Diasorin – ha dichiarato ieri Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare – è stato scelto per motivi particolari e grazie a questo noi abbiamo oggi la banca del sangue iperimmune, perché solo grazie al fatto che c’è un test che individua il titolo anticorpale alto abbiamo questo. Quello che è stato scelto dalla Regione è stato scelto a ragion veduta perché è un test particolarmente importante. I soldi non si sprecano, ma si investono nel modo migliore».

Appena prima che fosse resa nota la sentenza del Tar sul caso Diasorin era però emersa un’altra vicenda (denunciata da Report) che ha indotto la procura di Milano ad aprire un’indagine: la fornitura alla Regione, attraverso la centrale d’acquisto “Aria Spa“, di camici e calzari per medici da parte dell’azienda del cognato del presidente Attilio Fontana, la stessa azienda della quale la moglie di Fontana detiene il 10%. Una fornitura per la quale è stata inizialmente emessa una fattura di 513mila euro a carico della Regione, un pagamento poi bloccato il 22 maggio di modo che si trattasse, infine, di una donazione. 

Non è finita, i fari dei magistrati si sono accesi su altre tre vicende legate alla gestione del Coronavirus: il Trivulzio e la delibera con la quale l’8 marzo la Giunta regionale ha consentito l’invio di persone positive al virus nelle Residenze Sanitarie per Anziani (RSA), a patto che queste li ricoverassero in locali separati dal resto della struttura e con personale dedicato, per alleggerire la pressione sugli ospedali, quindi l’operazione che ha portato all’ospedale nella Fiera di Milano e, infine, l’inchiesta sulla mancata istituzione della Zona Rossa ad Alzano Lombardo e Nembro (Bergamo). In questo caso dalla procura orobica hanno dichiarato che istituire la Zona Rossa toccava al Governo.

mail giambattista.anastasio@ilgiorno.net   

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