anna giorgi
Cronaca

Opera, il ras e la gang del supercarcere. Ecco come sette famiglie si spartivano gli affari di droga a Milano

I nascondigli per l’hashish "a casa di qualche vecchietta" e il covo fra i palazzi Aler di Rozzano. E se il boss della Barona Nazzareno Calajò entrava nel bar "si aveva paura di dire buongiorno"

Un maxi sequestro di droga nel Milanese

Un maxi sequestro di droga nel Milanese

Milano – Milano divisa in sette grandi zone, quartieri non solo sulla carta, ma vere e proprie aree dominate da altrettanti gruppi criminali che si spartivano il traffico di droga che riforniva Milano di cocaina e di hascisc. Barona, Gratosoglio, Bruzzano, Comasina, Rozzano, le principali, a cui si aggiungevano quartieri “satellite“ legati alle zone principali. La nuova geografia della droga esce dalle 1.200 pagine dell’inchiesta della Dda milanese coordinata dai pm Gianluca Prisco e Francesco De Tomasi.

Indagine che ha preso il via dalle intercettazioni eseguite nel carcere di Opera e dal monitoraggio da parte degli agenti di polizia penitenziaria di storici personaggi della malavita milanese, legati ad ambienti mafiosi, detenuti in quel carcere definito di “massima sicurezza“. Nel corso delle indagini partite nel 2019 sono stati sequestrati 240mila euro in contanti e 329 chili di sostanze stupefacenti. Dalle carte dell’ordinanaza emerge che gli indagati in tutto sono 90 e i capi di imputazione 150, tutti legati al traffico di sostanze stupefacenti e agli atti criminali nella guerra per la divisione dei quartieri e dei relativi affari.

Uno dei gruppi malavitosi più grossi aveva sede nelle case Aler di Rozzano, da lì esercitava attività di cessione, importazione, trasporto e vendita di cocaina, hascisc e marijuana. In questo contesto è emersa la figura di due donne che, oltre a custodire la sostanza in cassette di sicurezza installate nelle loro case, riciclavano i proventi illeciti facendoli accreditare su carte Postepay a loro intestate. Il secondo grosso gruppo era a Milano, in zona Sempione, attivo nel traffico internazionale di hascisc e marijuana: aveva perfino una base nella città spagnola di Badalona, dove viveva fra l’altro un affiliato al gruppo.

In manette è finito lo storico “ras“ della Barona, Nazzareno Calaiò, nome e volto già noto a partire degli anni Novanta. Calaiò è stato fermato dai carabinieri del Ros mentre si trovava già agli arresti domiciliari. Con lui sono state fermate altre sette persone, tra cui il figlio Andrea. Il nipote Luca, invece, è stato arrestato su ordine del gip Livio Cristofano. "In Barona non si muove niente senza Nazzareno". Così una donna, che ha deciso di collaborare con gli inquirenti milanesi, ha descritto il "potere" che aveva Nazzareno Calaiò, detto “Nazza“ o “lo zio“, 53 anni, al vertice delle piazze di spaccio gestite dal gruppo della Barona. 

Nelle pagine del decreto di fermo dei pm compare anche un altro nome noto alle cronache criminali, quello di Massimiliano Mazzanti detto “Massimino spara-spara“, vengono ricostruiti, anche grazie alle parole della donna indagata per aver fatto parte del gruppo criminale, tutti i traffici di cocaina, hascisc e marijuana gestiti da Calaiò e dai suoi sodali, tra cui anche il figlio Andrea e il nipote Luca, che sarebbe stato a capo di un’altra "articolazione". Intercettato, Luca Calajò parlava della necessità urgente di dover trovare nuovi “imboschi“ per la droga: "Gli ho detto: “Non conosci qualche signora, qualche vecchietta, che ha una casa popolare sempre qua tra Santa Rita, via Bari, zone Ettore Ponti, anche qualche persona seria, qualche cliente che prende merce che ci possiamo fidare, che ci dà un angolo di una stanza e glielo la paghiamo anche 3-400 euro al mese? Gliela paghiamo anche tutta la stanza".

Come si legge ancora dal verbale che riporta le parole della collaboratrice, ci sarebbe stato un "palpabile timore reverenziale" nel quartiere nei confronti di Nazzareno Calaiò. Ogni volta che entrava in un bar della zona, la presunta base operativa dello spaccio, "gli avventori piuttosto che i ragazzi, i lavoranti del bancone del bar, cambiavano immediatamente espressione – ha raccontato la testimone – timorosi anche di dire buongiorno. Era evidente il turbamento rispetto alla caratura del personaggio che entrava". Nell’inchiesta si svelano anche pestaggi, aggressioni e contrasti tra i vari gruppi che si spartivano i quartieri che spesso, per un soffio non hanno innescato faide.