Strangolò la fidanzata: gup: "Fu pena di morte annunciata"

Si tratta delle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 28 maggio l'uomo è stato condannato a 18 anni di carcere. Nero su bianco anche le sue dichirazioni nell'udienza del processo: "Sono pentitissimo e chiedo perdono"

Via Commenda 28, dove è stata uccisa Sonia Trimboli (nel riquadro)

Via Commenda 28, dove è stata uccisa Sonia Trimboli (nel riquadro)

Milano, 9 settembre 2015 - Sonia Trimboli morì strangolata con una corda elastica al culmine di una lite con il fidanzato Gianluca Gerardo Maggioncalda, il 19 ottobre dell'anno scorso. Ma il delitto assume i contorni di una "pena di morte" annunciata, in quanto la donna poche settimane prima, il 29 agosto, aveva subito un'analoga aggressione da parte dell'uomo. Lo ha messo nero su bianco il gup di Milano Anna Magelli nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 28 maggio aveva condannato Maggioncalda a 18 anni di carcere. 

Sullo sfondo del delitto l'abuso di alcol e cocaina da parte della coppia, e una relazione ormai compromessa. "L'omicidio della donna per mano del suo fidanzato - scrive il giudice - è il tragico epilogo di una relazione che già era stata contrassegnata da una pregressa aggressione (...) anch'essa originata dalla gelosia che l'uomo provava nei confronti della donna, sulla quale lui avrebbe voluto esercitare un possesso ed una forma di controllo che Trimboli Sonia non accettava". L'aggressione del 29 agosto, quindi, sembrerebbe "annunciare quanto sarebbe accaduto da lì a meno di due mesi".

Maggioncalda, secondo il giudice, voleva "esercitare una forma di possesso esclusivo, pena la morte della donna". Pena poi "concretamente inflittale a meno di due mesi di distanza", strangolando Sonia Trimboli con una corda elastica al culmine di una lite scoppiata nell'appartamento per la gelosia "dovuta ai molteplici contatti" che la donna"«aveva mantenuto con altri uomini parallelamente alla relazione sentimentale intrattenuta con lui". Maggioncalda, sottolinea il gup Magelli, era "pienamente capace di intendere e di volere e ben consapevole e determinato a uccidere la propria fidanzata che, successivamente al gesto omicida, ha omesso di soccorrere adeguatamente, scegliendo di non chiamare i soccorsi e di uscire di casa per prendere un pò d'aria". Dopo l'omicidio l'uomo, infatti, si allontanò dall'appartamento e chiamò il padre chiedendo di controllare se la fidanzata stesse bene. Fu rintracciato dalla polizia in piazza Sant'Ambrogio e arrestato. L'assunzione di alcol, conclude il giudice, "scatenava" nell'uomo "gli istinti più aggressivi a fronte di una crescente fragilità della propria vittima che oltre all'alcol assumeva rilevanti dosi di psicofarmaci". Nel processo con rito abbreviato il pm Giancarla Serafini aveva chiesto la condanna a 30 anni di carcere. Il gup ha inflitto però una pena inferiore, escludendo alcune delle aggravanti contestate all'uomo, difeso dall'avvocato Luigi Rossi Aleramo.

 

"SONO PENTITO" - "Sono pentitissimo dell'atto che ho commesso ai danni della mia amatissima Sonia e chiedo perdono principalmente al padre e a tutta la famiglia Trimboli". Sono le parole di Gianluca Gerardo Maggioncalda, pronunciate lo scorso 28 maggio nell'udienza del processo con rito abbreviato, a porte chiuse, riportate nelle motivazioni della sentenza del gup Anna Magelli, che lo ha condannato a 18 anni di carcere. Nel provvedimento viene riportata anche la confessione dell'uomo che, interrogato dagli inquirenti dopo l'arresto, ha ripercorso le fasi dell'omicidio avvenuto al culmine di una lite scatenata dalla gelosia. "Ho perso la testa e ho buttato Sonia sul letto - ha raccontato Maggioncalda - ho preso l'elastico che teneva uniti i due letti e gliel'ho stretto al collo. Sonia cercava di difendersi e di graffiarmi. Quando mi sono reso conto della gravità della cosa - ha proseguito - ho cercato di fare la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco". È rimasto quindi "imbambolato un pò di tempo» e ha chiamato un suo amico raccontando di aver «fatto una stronzata e di aver ammazzato Sonia". Subito dopo ha chiesto a suo padre di salire in mansarda ed è uscito dall'appartamento allontanandosi in bicicletta "non per scappare" ma per "prendere un pò d'aria".

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