Omicidio Figini: c'è il Dna del killer, ma dopo 80 test nessun colpevole

Sei anni fa, la ricca vedova 55enne veniva massacrata nella sua casa di Porta Venezia

Il luogo del delitto e Nicoletta Figini

Il luogo del delitto e Nicoletta Figini

Milano, 29 luglio 2019 - Ottanta profili di dna «sospetti» inseriti in banca dati, l’ultimo confrontato sei mesi fa con quello trovato sulla vittima, appartenente a una persona residente all’estero, in un paese dell’Est, con precedenti per rapina, e transitata a Milano in più occasioni. Nessuno di questi profili ha dato però una identità al killer che nel luglio di sei anni fa uccise la ricca vedova Nicoletta Figini, 55 anni, con casa in Porta Venezia. Sembra destinata restare senza colpevoli la lenta e disperata morte della donna, dalla vita apparentemente normale. Una «sofferta e lunga agonia», la ricca vedova è «morta per asfissia tra mezzanotte e le quattro di mattina», dirà l’autopsia, dopo essere stata selvaggiamente picchiata ed essersi strenuamente difesa. Nicoletta, che aveva anche mani e piedi legati, riesce a liberarsi parzialmente una narice, solo quando i suoi assassini (si ipotizzò la presenza di due uomini) se ne erano già andati. Ma non le basterà, una specie di illusione, che prolungherà solo un decesso inevitabile. La sera in cui muore ha cenato regolarmente e ha bevuto solo un bicchiere di vino. Poi va a dormire.

Secondo la ricostruzione degli investigatori a mezzanotte i suoi assassini la sorprendono a letto. La picchiano una prima volta in camera, lei cerca di difendersi e perde un’unghia, che verrà ritrovata sul letto. La pestano anche mentre la trascinano in soggiorno (dove morirà), forse perché continua a resistere o forse perché non vuole decidersi a dire dove tiene i soldi. La legano mani, piedi e bocca con alcuni vestiti che trovano in camera. Non bastano. Aggiungono legacci presi da un grande lenzuolo ridotto in pezzi e infine la immobilizzano con le catene che di solito si usano per certi giochi sadomaso. Ma forse questo è solo un tentativo di confondere le idee a chi dovrà indagare. Durante la difesa disperata, sul corpo di Nicoletta rimangono le tracce biologiche di tre uomini. Una corrisponde a una persona che aveva rapporti sessuali con lei, ma che viene esclusa da subito perché ha un alibi di ferro. Le altre due tracce vengono confrontate con quelle di tutti gli uomini della sua cerchia di amici, parenti, conoscenti. Inutilmente. Gli investigatori pensano anche a possibili autori di reati analoghi: furti in casa, rapine o aggressioni.

Intanto, altri esperti analizzano i quattro cellulari in uso a Nicoletta e i tabulati relativi alle conversazioni svolte quella notte nelle vie attorno a Porta Venezia. L’attenzione è fissata sulle persone proprietarie di telefonini che hanno caratteristiche in qualche modo simili a quelle cercate dagli investigatori: origini dell’Est Europa, denunce o precedenti penali per reati contro il patrimonio o la persona. Alla fine l’elenco stilato contiene una sessantina di nomi di teorici sospettati, ma nessuna prova.

L’unico indagato resterà per un breve periodo Gianpaolo Maisetti, socio della Figini in una attività commerciale senza fortuna, anche suo amante fino a quando lei scopre che lui ha una relazione con la figlia 13enne di amici comuni e viene arrestato per pedofilia. Il movente. Gli investigatori hanno ribaltato l’intera vita della donna: movente legato al sesso, la ricca signora aveva molti amanti, alla droga, a una vendetta sentimentale o economica. Tutti finiti in un «cul de sac». Il più plausibile è rimasto quello della rapina violenta – scrive il pm nelle carte dell’archiviazione – anche in forza della fune rossa e del moschettone da scalata che dall’ottavo piano del palazzo, locale motori ascensore, fu calata con tanto di asole per inserire piedi e mani dello scalatore, attraverso una finestra rotta per poter entrare fino alla veranda dell’appartamento di Nicoletta. Gli investigatori non hanno mai smesso di cercare il colpevole. 

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