Omicidio a Milano, chi ha ucciso il barista? La pista dell’affare andato male

Il trentacinquenne cinese Ruiming Wang, dal 2012 titolare del bar Milan, è stato freddato con cinque colpi

I rilievi in piazza Angilberto II

I rilievi in piazza Angilberto II

Un agguato in piena regola. Un’azione fulminea. Una dinamica che fa pensare a un nemico particolarmente determinato a far fuori il suo bersaglio e pronto ad affrontare il rischio di incrociare qualche testimone scomodo sul suo cammino. Cinque colpi sparati a bruciapelo scuotono all’improvviso il risveglio gelido del Corvetto. A terra resta il trentacinquenne cinese Ruiming Wang, che dal 2012 era il titolare del bar Milano di piazza Angilberto II. Il killer sapeva che l’avrebbe trovato lì come tutte le mattine: è entrato nel locale, vuoto a quell’ora (c’era soltanto un cliente in bagno), e ha fatto fuoco, per poi allontanarsi a piedi.

Wang è crollato proprio davanti al bancone, ferito a morte a torace e collo. Forse non ha avuto neppure il tempo di abbozzare una minima reazione. Quando sono arrivati i sanitari di Areu, non c’era già più nulla da fare. E quella scia di sangue si porta dietro un mistero: toccherà agli investigatori della Squadra mobile risolverlo, andando a scandagliare la vita di una persona che tutti nel quartiere chiamavano amichevolmente "Paolo" e di cui tutti parlavano bene ieri mattina. Sì, nei primi anni di gestione, l’esercizio commerciale (e soprattutto i suoi turbolenti habituè) aveva creato qualche problema alla zona – peraltro già alle prese con un altro bar problematico (il Contigo al civico 42 di via Bessarione) e con lo spaccio al dettaglio dei pusher nordafricani – e si era guadagnato tre sospensioni di licenza da parte della Questura tra 2014, 2017 e 2018, a seguito dei controlli periodici di poliziotti e carabinieri e degli interventi per risse e comportamenti molesti. Negli ultimi tempi, però, la situazione era nettamente migliorata fino ad azzerare esposti e lamentele dei residenti: il trentacinquenne aveva modificato gli orari di apertura e chiusura per evitare che i tavolini continuassero a essere ritrovo fisso per pregiudicati e balordi, specie in tarda serata.

Sono da poco passate le 7.15 quando la strada inizia a riempirsi dei lampeggianti delle Volanti e delle tute bianche della Scientifica: il luogo del delitto viene passato al setaccio da cima a fondo, a caccia di elementi che possano mettere gli specialisti della Omicidi sulle tracce dell’assassino in fuga. Gli agenti della Mobile, coordinati dal pm di turno Bianca Maria Baj Macario e guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo, iniziano a raccogliere le prime testimonianze: sentono i parenti del trentacinquenne (a cominciare da mamma e moglie, sotto choc) e provano a ricostruire a ritroso un’esistenza apparentemente senza ombre (era incensurato) per cercare un possibile movente e da lì imboccare una pista precisa.

Chi voleva morto Wang? Chi si è presentato nel suo bar per ucciderlo senza preoccuparsi di incontrare un avventore all’ora della colazione? Il raid letale c’entra qualcosa con chi frequentava assiduamente il bar oppure rientra in dinamiche interne alla comunità asiatica? Di recente, l’uomo aveva litigato con qualcuno? La sua attività stava in piedi o qualche difficoltà economica lo aveva costretto a chiedere soldi in prestito? Tutti interrogativi ancora sul tavolo. Chi lo conosceva bene potrebbe fornire alcune risposte, ma, stando a quanto risulta, i familiari più stretti non avrebbero dato nelle prime ore indicazioni particolarmente utili né aperto possibili scenari su dissidi o problemi con qualcuno. Altri input potrebbero arrivare da telefonate e chat archiviate nel suo cellulare e dall’analisi dettagliata dei filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza, sia quelle installate all’interno del locale sia quelle all’esterno: dai fotogrammi potrebbe emergere qualche particolare dell’aggressore, che avrebbe agito a volto quasi completamente coperto, o la via di fuga che ha percorso a passo svelto subito dopo aver ucciso Wang con cinque colpi calibro 9x21 esplosi con ogni probabilità da una semiautomatica. Su una cosa non sembrano esserci dubbi: chi è entrato a quell’ora non lo ha fatto per mettere a segno una rapina, visto che il bar aveva aperto da pochissimo e i pochissimi contanti in cassa sono rimasti al loro posto.

Sul resto si possono fare delle ipotesi, in attesa che l’indagine prenda una direzione precisa. Al momento, la pista che porta a un blitz messo in atto da un connazionale della vittima resta sullo sfondo, così come quella di un cliente respinto o che potesse avercela con Wang per qualche motivo legato al bar; più probabile che l’omicidio sia maturato per una questione non strettamente collegata alla gestione quotidiana dell’esercizio commerciale e che l’assassino abbia deciso di punire il trentacinquenne per un impegno non mantenuto. E gli occhi elettronici interni? Alcuni non registravano, mentre altri potrebbero aver immortalato qualcosa di utile per risolvere il giallo di piazza Angilberto II.

 

 

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