Olga, la badante-pusher dei carichi di coca

Blitz antidroga, la boliviana di 52 anni è tra i sei arrestati della Finanza. Droga via aereo dal Sudamerica in valigie col doppio fondo

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di Mario Consani e Nicola Palma

"Io non posso venire lì perché devo andare a cucinare alla vecchia, non vedi che sabato l’ho lasciata sola, abbandonata...". Olga Vaca Araujo, boliviana di 52 anni, fa la badante di mestiere. In realtà, quello era solo il suo lavoro “ufficiale“. Sì, perché poi ce n’era un altro, occulto e ben più remunerativo: quello di pusher di cocaina, con una buonissima conoscenza della “materia prima“ che maneggiava, se è vero che al telefono con Juan Carlos Utani Portillo, muratore peruviano di 42 anni di stanza nella brianzola Meda, parlava di sostanza già "soluzionata" e di campione "marcato 7" a indicarne la purezza.

Il giro di spaccio è stato scoperto dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, coordinati dal pm della Direzione distrettuale antimafia Gianluca Prisco, che ieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di sei persone, accusate di traffico e detenzione di stupefacenti. L’indagine parte il 22 gennaio 2019, quando i militari del Gruppo di Linate intercettano nell’area ritiro bagagli dello scalo aeroportuale Josè Rangel Victoria: lui dice di essere stato in vacanza in Cile e di essere arrivato in Italia via Madrid per un ulteriore periodo di ferie nel Belpaese, ma i controlli nelle valigie con l’ausilio delle unità cinofile fanno emergere la presenza di un doppio fondo, all’interno del quale sono nascosti 3,35 chili di cocaina. Le analisi sullo smartphone – posta elettronica, rubrica, sms e chat di Whatsapp – indirizzano le indagini verso un noto ristorante sudamericano di via Padova, El Carajo, già al centro di un’operazione della Squadra mobile del maggio 2018 su un traffico di passaporti falsi sull’asse Lima-Milano. L’inchiesta va avanti sotto traccia, anche se il 14 giugno e il 21 agosto 2019 gli investigatori mettono a segno altri due blitz anti-droga. Il primo è il più consistente: a Malpensa viene ammanettato Mirco Davini, quarantaduenne originario di Cecina, in provincia di Livorno, bloccato con un carico di 7,9 chili di cocaina. Ai finanzieri, l’uomo spiega di essere stato avvicinato tempo prima da un ex collega di lavoro di Firenze, Gary Royal Vargas, che gli ha proposto di fare l’ovulatore per conto dei narcos, cioè di recarsi in Sudamerica, ingerire decine di capsule piene di droga e ripartire in aereo per l’Europa.

Davini rifiuta, ma poco dopo viene ricontattato per un’altra offerta, che stavolta prevede il trasporto intercontinentale di valigie "opportunamente modificate". A fornirgli biglietto e soldi per le spese è Mirco Antonio Scolaro, quarantaseienne originario di Gallarate e residente a Cardano al Campo, in provincia di Varese. Dopo l’arresto di Davini, gli “operativi“ in città (alla banda non è stata comunque contestata l’associazione a delinquere) si allarmano non poco e parlano al telefono per riorganizzarsi: nelle conversazioni, i riferimenti alla coca vengono criptati con termini in codice come "magliette", "fiori", "canottiere", "carne", "chiodi" e "scarpe". È in questo contesto che emerge la figura della badante Olga, che, tra le altre, assiste anche un’anziana in un appartamento di via Procaccini, in zona Sempione: è proprio lì che a volte incontra gli spacciatori per rifornirli della “roba“ ("Il problema è che c’è la vecchietta...", dirà una sera, presa dallo scrupolo per l’attempata padrona di casa). Non sempre i “cavallini“ sono soddisfatti della merce passata da “Mamita“: in un’occasione, Dagoberto Artega Quetegari, trentaquattrenne boliviano, le riporta le lamentele dei suoi clienti; in un altro caso, si parla di "brioche" indigeste che hanno fatto "vomitare" tutti quelli che le hanno mangiate, mentre in un altro ancora la contestazione riguarda la “roba“ mancante rispetto ai concordati 200 grammi al prezzo di 7mila euro.

Tra i pusher di strada spicca il cinquantacinquenne peruviano Alberto Esparza alias "Pagliaccio" (arrestato in flagranza il 27 novembre con 344 grammi di droga), che si muoveva solo con i mezzi pubblici ed era molto accorto durante i suoi spostamenti; il trentottenne boliviano Oscar Ardaya Jimenez era a un livello superiore, considerato "importantissimo anello della catena di distribuzione". Come si legge nel provvedimento del gip, tutti i membri della gang hanno dimostrato "una certa dimestichezza nel trafficare", grande "disinvoltura" nel maneggiare gli stupefacenti, elevata "capacità di organizzare i viaggi dei corrieri e di rifornirsi di nuove partite di coca" in caso di sequestri o di scorte esaurite. Un gruppo, la sottolineatura, in grado di imbastire un’imponente "rete di rapporti", tale da consentire "di smerciare la sostanza senza tempi morti".

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